sabato 23 settembre 2017
Comincia oggi a Rondine, in Toscana, il ventesimo master in governance globale con 26 liceali italiani e 13 studenti universitari da tutto il mondo.
Cittadella della pace: come disarmare corpi e cuori
COMMENTA E CONDIVIDI

Vent’anni spesi a trasformare conflitti in incontri, lacerazioni che tutti giudicano insanabili in occasioni per costruire una novità radicale: la pacificazione attraverso la relazione della persona con la persona, il disarmo umano per fortificare un futuro condiviso. Franco Vaccari e gli animatori della Cittadella della Pace a Rondine, minuscolo borgo d’incanto nella Valdarno che guarda Arezzo, già conoscono bene la gioia e il sudore di una profezia che nei loro volti s’è resa visibile, ma lo spirito resta sempre quello dei fondatori, di chi apre un solco dal quale certamente qualcosa germoglierà.

Ecco perché a ogni nuovo anno si inizia qualcosa di inedito: c’è da esplorare il continente della cittadinanza globale consapevole e impegnata, e qualcuno dovrà pur aprire la strada insieme ai giovani. Tutto nuovo quest’anno è il master in governance globale, relazioni interculturali e management dei processi di pace realizzato insieme all’Università di Siena che ha il suo battesimo oggi, insieme a famiglie, ex allievi e sostenitori, nella giornata che vede partire ufficialmente l’anno accademico e scolastico numero venti alla Cittadella.

È la tradizionale occasione per il debutto di iniziative e progetti e la presentazione degli studenti stranieri e italiani che ne saranno protagonisti. Il previsto messaggio del ministro dell’Istruzione Valeria Fedeli è il sigillo a un’esperienza ormai matura, che attraverso il metodo educativo – tuttora inimitato – della formazione alla pace tra giovani i cui popoli di provenienza sono divisi da un odio che pare inestirpabile ha creato un modello, ora esteso anche a ragazzi di Paesi dove il conflitto attraversa non le frontiere ma il tessuto sociale, e i nostri liceali.

Perché il percorso di Rondine è partito dai giovani di Medio Oriente, Balcani, Caucaso e Africa per arrivarci sotto casa. Come a ricordarci che la divisione attraversa cuori e coscienze assai prima delle etnìe. Il quarto anno di scuola superiore che prende vita oggi per la terza edizione, con 26 ragazzi da licei scientifici, classici e delle scienze umane di tutta Italia, vanta già il riconoscimento ministeriale come percorso di sperimentazione per l’innovazione didattica.

E in un tempo nel quale il salto di qualità viene sempre più inseguito attraverso l’anno – o il semestre – di studio all’estero, l’'eccellenza' proposta da Rondine a un gruppo di adolescenti che pensano un futuro in grande è in questo microscopico cuore della Toscana con vista sul mondo, attraverso l’impagabile esperienza di convivere con i 13 giovani dello Studentato internazionale, giunti a Rondine per perfezionare i loro studi universitari da Armenia e Georgia, Abkhazia e Kosovo, Israele, Palestina e Libano, ma anche dal Mali, avamposto africano di un progetto che d’intesa con la Cei punta a portare gli ambasciatori di pace formati a Rondine nei crocevia delle migrazioni. Per i ragazzi italiani condividere un intero anno col mondo ferito si somma ai normali studi di quarta liceo e a pomeriggi impegnati dal Progetto Ulisse, un «viaggio per scoprire chi sono» lungo tre percorsi: corpo e anima (rispetto di sé, degli altri, dell’ambiente), reale e virtuale (verso una nuova cultura digitale), lavoro e progettualità (per scoprire la propria vocazione professiona-le), con l’obiettivo di mettere in moto i cittadini attivi e impegnati di domani.

Ogni liceale infatti appronta un suo progetto a ricaduta sociale da avviare una volta tornato a casa. Su scala ridotta è quello che gli ex studenti globali della Cittadella (in tutto 180 'rondini d’oro', come sono ribattezzati) intendono realizzare in Sierra Leone per trasformare le imminenti elezioni politiche nella prima pagina di un Paese pacificato. Conclusi i colloqui d’ingresso dei nuovi arrivi, Franco Vaccari si gode il ventesimo primo giorno di scuola con l’aria di chi ha visto tutto ma ogni volta sa che il meglio deve ancora arrivare: «Vedo in questi ragazzi una speranza invincibile – sorride, paterno – la volontà di spezzare pregiudizi e servire la propria terra d’origine scavando nuove fondamenta. Abbiamo fatto tanta strada ma solo per capire che serviva farsi trovare pronti a qualunque nuova sfida, come adesso con le migrazioni. È adesso che si comincia davvero».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: