Arnoldo Mosca Mondadori consegna ad Alice e Dario la Chitarra del mare a Milano - Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti
Una strana chitarra colorata. Apparentemente. In realtà un messaggio così potente che tutto il mondo già richiede la sua presenza e lei, di mano in mano, da oggi viaggerà tra i continenti, di chiesa in chiesa, e poi nei monasteri e nelle missioni più lontane, nell’intimità delle clausure o nelle piazze, nelle scuole e nelle carceri, nelle metropoli affollate o nei deserti dove solo gli eremiti ascolteranno la sua voce, tra le favelas e nelle chiese di montagna. Ancora non ha mai suonato – lo farà la prima volta oggi, giorno dell’Immacolata Concezione, alla Messa delle 10 nella chiesa milanese del Sacro Cuore di Gesù alla Cagnola – ma già la chiamano “la chitarra del mare”, costruita con i legni gialli, rossi, azzurri delle barche arenate a Lampedusa con il loro carico umano di speranza e disperazione, di vivi e anche di morti. La Chitarra del mare, insomma, è una barca che suona. Trasformata in strumento dentro al carcere di Secondigliano (Napoli), è nata dalle mani di Tommaso, Marco, Paolo, diventati a loro volta liutai sotto la guida del maestro Vincenzo Romano. «Dall’incontro di queste due povertà, i migranti e le persone detenute, nasce oggi una staffetta inarrestabile che parla di speranza e libertà – spiega Arnoldo Mosca Mondadori, presidente della Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti, che ha ideato il progetto – e ne parla a tutti, come dice Gesù, “andate fino ai confini del mondo”. Non c’è confine al messaggio di Cristo e la chitarra è lo strumento più popolare, arriva ovunque e chiunque la può suonare. L’idea mi è venuta proprio nella chiesa milanese da cui questa mattina partirà il tutto, durante la Messa suonava una chitarra e lì ho pensato: se una “chitarra del mare” girasse le chiese del pianeta portando con sé il messaggio che incarna, cioè la voce degli ultimi? Ogni sacerdote dovrà raccontare con quale legno e da quali mani è stata costruita, ma poi porrà al centro della Messa le specifiche povertà del contesto in cui la sua chiesa si trova... Sembrava un sogno, una follia, ma non ho fatto in tempo a scriverla che in meno di mezz’ora aderivano sacerdoti da tutto il mondo».
I fedeli alla Messa dell'Immacolata a Milano, esodio della Chitarra del Mare - Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti
Dopo la Messa dell’Immacolata di oggi, dove i primi a suonarla saranno due giovani milanesi, Dario e Alice, la Chitarra del mare prenderà dunque il largo, di volta in volta portata da messaggeri di ogni tipo, «un amico giornalista che parte per Gaza, un missionario che torna in Africa, un turista in partenza per l’India... la chiave del progetto è la totale semplicità, nessun problema, si colgono le occasioni. Se anche la chitarra dovesse perdersi o andare distrutta, ne faremmo un’altra – dice Mosca Mondadori, ormai avvezzo al fatto che l’utopia diventa realtà (a febbraio un’intera “Orchestra del mare” fatta nel carcere di Opera con le barche dei migranti ha suonato al Teatro alla Scala) – l’importante è che non dovrà mai fermarsi, come la Chiesa deve sempre camminare. Gesù, appena resuscitato, dice a Pietro “seguimi”, e tra l’altro è su una spiaggia, davanti al mare, scalzo. Prima per tre volte gli ha chiesto “mi ami?” e poi quel “seguimi”: questo è la Chiesa, va incontro a tutti. Anche la Chitarra del mare inizierà dalle parrocchie ma poi andrà a chiunque la chiederà, anche ai non credenti, ai fedeli di altre religioni, nei luoghi sconosciuti come sui palcoscenici dei massimi artisti. Non a caso tutto questo accade nell’anno del Giubileo della Speranza». Il progetto è condiviso con la Fondazione San Gennaro di padre Antonio Loffredo e con l’ensemble giovanile “Tornaccantà”, che suona i mandolini usciti dalla liuteria del carcere napoletano. «Ed è bello che proprio da Napoli, durante l’anno giubilare, la chitarra abbia iniziato il suo lungo viaggio», sottolinea padre Loffredo. «Nella Bibbia è scritto che in passato ogni Giubileo obbligava la società a livellare le disuguaglianze, chi era diventato povero tornava in possesso delle sue terre, chi si era venduto perché non aveva nulla tornava libero... il Giubileo veniva annunciato dal suono di un corno, che proclamava la libertà e la gioia in tutta la terra: ora la Chitarra del mare suonerà ovunque la liberazione dei prigionieri e la gioia della speranza. Coloro che ascolteranno le sue melodie, così come gli speciali artigiani che l’hanno realizzata, possano cogliere i primi fiori della speranza, il cui profumo è identico a quello del futuro».
Significativa ad esempio sarà la tappa alla cattedrale di Saint Patrick a New York, «occasione unica per riflettere sul significato profondo di questa città che è da sempre simbolo di accoglienza e di speranza», afferma don Luigi Portarulo. «New York è una metropoli costruita dai sogni, dalle speranze e dalle lotte di milioni di persone provenienti da ogni angolo del mondo, e questa chitarra è un simbolo potentissimo di sofferenza, trasformazione e infine rinascita. Non è solo un oggetto ma un messaggio, come il legno delle barche non è solo materia ma custode di storie: in una città come la nostra, da sempre crocevia di culture diverse, la Chitarra del mare ci ricorda che la vera forza di New York non risiede solo nelle luci e nei grattacieli, ma nel suo spirito di apertura e solidarietà». Gli fa eco padre Stefano Mosca, missionario del Pime nelle periferie di Manila: «Accogliere questo speciale strumento nelle Filippine, dove ancora tanti poveri soffrono le ingiustizie di politiche economiche di sfruttamento a favore di pochi ricchi, ci rammenta con forza straordinaria che grazie a Gesù ogni morte ha sempre in sé una sorgente di vita nuova. Anche il legno con cui la chitarra è fatta sa di dolore e distruzione, eppure ha in sé la forza di una metamorfosi, nella stessa logica della croce del Signore: Gesù, nella sua tragica e innocente sofferenza in croce, schiacciato dalle logiche di potere del mondo, quando tutto sembra finito fa esplodere il canto della Pasqua. Così questo legno, testimone di violenze e di morte, ora suona il trionfo della vita nuova e della libertà tanto desiderata, anche dai detenuti di Secondigliano che con le loro mani l’hanno trasformata in un segno di gioia per molti nel mondo».
È come se in quelle assi smangiate dal Mediterraneo si riconoscessero ovunque gli uomini, tutti in modo diverso viandanti su questa terra: «La nostra comunità martire e in diaspora, che vive in Turchia, è in buona parte costituita da rifugiati e detenuti – medita da Istanbul il vicario apostolico Massimiliano Palinuro – e il suono di questo strumento nelle nostre assemblee ricorderà che c’è sempre una via di riscatto che spalanca le porte a un futuro. Il dolore può diventare musica e la musica un grido d’aiuto rivolto al Signore». Così come nella Terra Santa, oggi più che mai martoriata dalla follia della guerra, «il suono della Chitarra del mare a Messa o nella nostra scuola di musica darà un po’ di sollievo a chiunque la ascolterà», spiega padre Ibrahim Faltas, vicario della Custodia di Terra Santa. «In questo momento tormentato è uno spiraglio di luce che ci collega con il resto del Mediterraneo e ci ricorda che non siamo soli». Particolarmente accorata è la richiesta da parte del Magnificat Institute di Gerusalemme: «Qui viviamo in un contesto geo politico di estrema fragilità – spiega il direttore, il francescano frate Alberto Joan Pari –, la nostra scuola musicale dà l’occasione a cristiani, ebrei e musulmani di crescere insieme, uniti dal linguaggio universale della musica che supera ogni barriera».
La Chitarra del mare nelle mani di una giovane musicista - Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti
In Brasile Tatiana Faria de Souza è la direttrice della FBAC, Fraternità brasiliana di Assistenza ai Condannati, e considera «il suono di questa chitarra come una preghiera per un mondo più giusto». Attende con fervore che «il suo viaggio, iniziato in una chiesa di Milano, arrivi a Itaùna come testimonianza vivente del Vangelo in azione, richiamo universale alla fraternità: durante la celebrazione della Messa, non è solo uno strumento musicale, ma una voce che narra di storie dolorose trasformate dalla misericordia di Dio in melodie di speranza». Ancora dal Brasile, ma dal cuore dell’Amazzonia, padre Sisto Magro, da 34 anni missionario del Pime, si commuove: le popolazioni amazzoniche sono minacciate, defraudate della loro terra, calpestate da ottuse politiche di sfruttamento del suolo, cacciate via da un giorno all’altro dalle foreste con cui hanno sempre convissuto, «eppure, nonostante questi drammi, vengono alla Messa con ore di cammino o di barca, per vivere la loro fede ma anche per condividere sofferenze e dolori, e lo fanno con il canto: qui la musica consolida il senso di comunità. Per questo accogliere la Chitarra del mare ci farà sentire in comunione con tutte le altre persone in difficoltà della Terra, che però tengono viva la speranza».
«Quando risuonerà a Kibera, il grande slam nel cuore di Nairobi dove mezzo milione di persone vivono con mezzo dollaro al giorno, sarà un canto di rinascita e di liberazione», promette dal Kenya padre Kizito Sesana, «un suono che scaturisce da un legno così carico di umanità, come lo è il legno della croce di Cristo, attira tutti a sé e redime il dolore del mondo». La Chitarra del mare sarà a Kibera segno e voce della grande profezia dei poveri, ovvero «di coloro che a mani vuote condividono e a cuore sanguinante amano, di quelli che nulla possiedono ma sono i figli prediletti del Padre: sono loro che ci apriranno le porte del paradiso perché il Padre li ha proclamati padroni di casa». Nella Messa di Nairobi – conclude padre Kizito – il suono delle sue corde accompagnato dal canto delle madri che faticano a nutrire i neonati, dei giovani che sognano una vita migliore, degli anziani scartati, sarà «un grido di dignità».
È molto più vicina, Lamezia Terme (Catanzaro), ma non meno drammatica. Lamezia non ha il porto ma piccole navi in anni recenti hanno scaricato stranieri in fuga, fatto contrabbando di armi, occultato sul fondo del mare bidoni di veleni chimici, “trattato” persone come merci, denuncia Giacomo Panizza (Comunità Progetto Sud). «Certi barconi restano invisibili, ma le onde ne conservano traccia nei corpi esanimi che restituiscono, mai registrati, come quello del piccolo Anàs, avvistato di recente al nostro pontile... È nobile che frammenti di legno dei natanti finiti tragicamente vengano trasformati in Chitarra del mare, come nobili sono le persone carcerate che hanno trasformato quelle assi in strumenti musicali». Nel Comune di Lamezia Terme, sciolto tre volte per mafia e definito dalla Direzione distrettuale antimafia “l’area più instabile della Calabria per la presenza delle famiglie di ’ndrangheta”, «la chitarra suonata durante una Messa accorderà allegria con pianto, tragedia con speranza».
Ad Hong Kong padre Gianni Criveller e padre Franco Mella (Pime) la Messa la celebrano per le strade, nei quartieri più poveri. «È una città di mare, di immigrazione e di rifugiati», raccontano. Negli anni ’70 e ’80 arrivavano i profughi vietnamiti, oggi i rifugiati economici e politici da varie parti del mondo. Ma Hong Kong ormai ha tradito la sua storica vocazione all’accoglienza e «per questo migliaia di fratelli e sorelle sono oggi in carcere, per aver creduto all’accoglienza e alla democrazia di questa meravigliosa città. Nella celebrazione della santa Messa suoneremo quindi la chitarra unendoci idealmente ai nostri fratelli in carcere e a tutti coloro che nei lidi di Hong Kong cercano la salvezza».
La metafora più bella della barca che suona la pronuncia don Giorgio, parroco a Predazzo, in Trentino: «La chitarra naviga sulle onde del mare, le trasforma in onde sonore e in note viventi, scritte sul pentagramma di un’umanità oppressa. Le onde musicali compongono gli accordi per progetti di vita nuova, più fraterna e più giusta... E se poi il maestro è Cristo Crocifisso-Risorto sicuramente ne uscirà una composizione di armonie sublimi: le onde del mare in sintonia con le onde sonore della chitarra facciano vibrare le corde dei nostri cuori, perché possano eseguire l’incompiuta sinfonia dell’Amore!».
Dalle periferie di Buenos Aires, in Argentina, padre Adrian Bennardis, che negli Hogar de Cristo ospita i ragazzi schiavi della droga, vede negli scartati di oggi le ferite ancora aperte nel costato di Cristo in croce. «Quante nuove piaghe nelle ingiustizie del mondo attuale, quanti nuovi crocefissi... Ma, guardando al Signore, questo costato aperto si convertì in un popolo nuovo, il popolo di Dio. La chitarra fatta dalle mani dei carcerati è il costato aperto del Signore che si fa musica, poesia, vita e speranza. La “Guitarra del mar” è potente perché obbliga all’umiltà di non dimenticare da dove veniamo: con grande desiderio la attendiamo qui alla fine del mondo, nel suo canto ci faremo uno con tutti i poveri della terra».
Ad accoglierla sarà anche don Luigi Verdi alla Fraternità di Romena, perché «nella nostra realtà, che abbiamo sempre definito un “porto di terra”, consegni il suo messaggio di consapevolezza ai tanti viandanti che passano da qui: la sua musica si farà largo nelle nostre coscienze, portando un’inquietudine sana e una bellezza viva. Per raggiungere la terra dell’umanità, c’è da attraversare un mare: vasto, profondo, rabbioso, spesso nemico, e la Chitarra del mare ci mostra tutte le difficoltà di questa traversata, ma allo stesso tempo la necessità di compierla. Ciascuno di noi può essere una nota che nasce da quelle corde, e tutti insieme possiamo essere musica di vita e umanità».
Il progetto ha colpito profondamente soprattutto le donne recluse nel penitenziario di Reggio Calabria: «Le note di una chitarra sono in carcere brezza marina che ammorbidisce rughe di tristezza e sorrisi spenti dal dolore – ci dicono attraverso suor Rosetta –. Il suo suono in una angusta cella può avere lo stesso potere del volo ardito di un gabbiano che respira in pieno la bellezza della libertà e la potenza dell'amore vero. Si può navigare nel mare dei nostri progetti se si ha il coraggio di guardare oltre l'orizzonte crudo delle sbarre, verso un punto dell'infinito dove convergono i sogni dell’umanità intera, senza distinzioni di razza o credo... Il mare da sempre unisce e oggi deve farlo più che mai. Al ritmo di questa chitarra virtualmente danziamo tutti insieme tenendoci per mano intorno al fuoco della solidarietà fraterna».
Dalla Fondazione Arché di Milano, dove la chitarra farà la sua seconda tappa, padre Giuseppe Bettoni accosta i suoi accordi all’armonia delle Beatitudini: «Mi piace pensare che anche Gesù amasse la musica e cantare, che cosa sono le Beatitudini se non la musica della speranza? Far ascoltare alle donne e ai bambini che accogliamo nelle nostre comunità la melodia che arriva trasformata dal dolore, così come far suonare nella cappella del carcere la chitarra del mare, è invito per tutti a cantare la speranza!».
Don Marco Magnani, a destra, e don Luigi Badi: la staffetta mondiale parte dalla parrocchia del Sacro Cuore di Gesù alla Cagnola, Milano - Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti
E tutto questo partirà questa mattina, dalla parrocchia milanese di don Marco Magnani. La staffetta, ci dice, inizia non a caso nella festa dell’Immacolata, «perché Maria attraverso la musica gioiosa di questa chitarra possa infondere un briciolo di speranza nel cuore dell’umanità». Don Marco ricorda bene l’istante in cui giorni fa Arnoldo Mosca Mondadori, dopo una Messa, ebbe l’intuizione e gliela comunicò, come fosse la cosa più semplice al mondo: «Da qui poi la chitarra prenderà il largo, mi propose Arnoldo, come faceva quando navigava. Girerà per tante chiese piccole e grandi ovunque nel mondo, un viaggio della speranza nell’anno del Giubilo che ci vuole tutti pellegrini di speranza. È la speranza di Cristo che si fa vicino ad ogni uomo, che si fa visibile nei volti di tanti volontari che nei nostri quartieri si adoperano con instancabile amore per dare una mano ai “piccoli del Vangelo”, attraverso gli oratori, i doposcuola, i centri di ascolto, le raccolte alimentari, lo sport e mille altre idee che nascono dall’amore».
Ogni parrocchia, monastero, scuola, centro culturale, associazione, ospedale può scrivere a casaspiritoarti@gmail.com e proporre che la chitarra faccia tappa nella loro realtà. «Noi chiediamo solo che in ogni occasione si racconti da dove viene e che ogni sacerdote metta al centro le povertà del proprio territorio – dice Mosca Mondadori –. Non deve essere un concerto, ma il modo concreto di parlare degli ultimi e riportarli alla luce, renderli protagonisti per davvero. Spesso la chitarra suonata in chiesa banalizza la liturgia con canti distratti, ma le due sofferenze da cui nasce il messaggio della nostra chitarra – migrazione e carcere – la nobilitano. Come dice Francesco, la speranza è la virtù più piccola, ma è anche la più forte, quella che sostiene tutto».
Sting con la sua "chitarra del mare" tra le barche da cui è stata tratta, a Secondigliano - Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti
Per questo, la Chitarra del mare non conoscerà frontiere e non rifiuterà nessuno, «ci piacerebbe che suonasse anche nelle case di persone come Omar Turati, maestro di chitarra malato di Sla, o Max Tresoldi, risvegliato dopo dieci anni di stato vegetativo. E la passeremo anche nelle mani di artisti noti in tutto il mondo, come Sting o Vasco Rossi», conclude Arnoldo. Sting possiede già una “chitarra del mare”, la prima uscita dalla liuteria di Secondigliano. È venuto a prendersela personalmente e l’ha suonata lì, tra i detenuti. Da allora non se ne separa mai, «ne è innamorato per il suo suono inimitabile». L’unica chitarra che per cassa di risonanza ha il cuore degli uomini.
Sting suona nel carcere di Secondigliano, accompagnato da alcuni musicisti - Creata nel carcere di Secondigliano con i legni colorati delle barche dei migranti, suonerà nelle parrocchie di tutto il mondo. La staffetta di pace parte oggi da Milano e raggiungerà ogni nazione