sabato 31 gennaio 2009
«Nel 2005 mi hanno maltrattato Ho sofferto di depressione, poi ho capito che l’industria non conta più niente Oggi faccio tutto da solo e ho successo in tutta Europa. L’Italia mi accusa di evasione, ma chiarirò tutto»
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«Dall’industria della musica non mi a­spetto più nulla. L’unica è fare da sé quanto si riesce e quando se ne è contenti proporlo alla gente. Tanta o poca che sia, il suo respon­so è l’unico che mi interes­si». A parlare così è Umber­to Tozzi, 45 milioni di dischi venduti nel mondo, assen­te in Italia da Sanremo 2005. Cui approdò (già al­lora) dopo anni di cd in­compresi che l’avevano portato alla depressione; ed a cui andò con un bel pez­zo e ampie rassicurazioni della direzione artistica. Ca­pitanata come quest’anno da Bonolis. Il risultato? Su­bito fuori, col conduttore ad attenderlo invano sul palco per commenti a cal­do: in stile reality. Da allora Tozzi si è visto solo in pro­getti bizzarri, con Masini («Mi divertiva») e di musi­ca per locali («Volevo speri­mentare» ). Solo ora un nuovo vero disco, il doppio Non solo live. Da una parte immortali successi dal vi­vo, dall’altra inediti che ne confermano scrittura pop d’alto bordo (notevole Cer­co ancora te), strumentali rock e due cover. Un pezzo di Billy Joel e Petite Marie del francese Cabrel, già nu­mero uno su iTunes, i cui proventi andranno all’o­spedale pediatrico di Niz­za. Il filo della vicenda di Tozzi in Italia si riannoda qui. Tra un Sanremo da scordare e la nuova sfida di un album fatto appunto da sé, senza più le industrie al­le spalle. E prodotto in ca­sa dal figlio Gianluca. Ripartiamo da quel Festi­val: la rigettò nel tunnel?No, ma l’amarezza per il comportamento di certa gente fu grande. La cancel­lai coi tour all’estero. Quest’anno la direzione è la stessa di allora. Cosa consiglia ai colleghi che parteciperanno? Se hanno una carriera av­viata, di non andare. Vorrei fare io il direttore artistico. Lì da anni chi decide non sa nulla di musica, ma non credo proprio non nascano più talenti. Ora come ora meglio X-Factor. Lei vive all’estero ma lo Stato italiano l’ha da poco accusata di evasione fisca­le. Una brutta storia. Guardi, c’è un documento all’ambasciata di Monte­carlo che attesta che vivo lì dal 1992. Nelle sedi dovute risponderò all’accusa in modo congruo. Parliamo, allora, del nuo­vo disco: che Tozzi è que­sto che torna? Uno che voleva proporre i­nediti vari, "tozziani" ed a­nomali. Prima però dovevo fare un live all’Olympia di Parigi, ma i discografici mi hanno impedito di usare le mie canzoni. Ora sono rien­trato in loro possesso, però decide un mercato in crisi e potevo solo unire i due pro­getti: inediti e brani dal vi­vo del tour 2008. Sacrifi­cando un po’ di entrambi». Tra gli inediti più riusciti c’è «Forse credo in Dio». La definisco una preghiera laica, nata dalle troppe guerre fatte in nome di un Dio. Cui chiedo perché si u­si il Suo nome così. È un gri­do personale, di smarri­mento ma pure di speran­za. A fine febbraio uscirà an­che un suo libro, dobbia­mo aspettarci rivelazioni? «Racconterò la mia carrie­ra: con ironia. Ma siccome non sono un buonista, de­nuncerò pure le brutture che stanno dietro la musi­ca. Spero di mettere in guardia tanti giovani. Scusi, Tozzi, ma ha ancora senso per lei fare musica? Finché qualcuno la ap­prezza… Avere già richieste per questo cd sui mercati tedesco, francese e spagno­lo è una vittoria. Certo per farlo ha dovuto produrlo mio figlio… Che ha studia­to, sia chiaro: ma soprat­tutto ha quell’entusiasmo e quel rispetto, che altrove non vedo più. —
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