domenica 26 febbraio 2017
Anche le nostre chiese corrono oggi il rischio di apparire come dei veri “non luoghi”. Se lo spazio liturgico viene percepito e abitato come anonimo, non favorisce l’incontro tra gli uomini e con Dio
Enzo Bianchi: «Lo spazio sacro non si riduca a non luogo»
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Giovani studiosi e professionisti attivi negli ambiti dell’architettura, delle discipline artistiche, delle scienze religiose e umane interessati ad approfondire il rapporto tra architettura, liturgia e società. Sono questi i partecipanti al seminario che si è aperto venerdì e si conclude oggi al Monastero di Bose (Biella) in vista del prossimo convegno liturgico internazionale in programma dal 1° al 3 giugno 2017. L’edizione di quest’anno, la quindicesima, sarà dedicata al pensare i luoghi di vita dell’esperienza ecclesiale con una forte sensibilità al contesto sociale e fisico. Un tema, quello tra architettura e recupero del senso autentico della liturgia, al centro anche del nuovo libro di Enzo Bianchi e Goffredo Boselli Il vangelo celebrato, appena uscito per le edizioni San Paolo (pagine 286, euro 17,50).

Costatiamo come oggi, in ogni ambito, vi è una sempre più grande attenzione alla qualità dell’abitare i luoghi e gli spazi di vita personale e sociale, nel tenace sforzo di contrastare il diffondersi di quelli che già nel 1992 Marc Augé, nella sua riflessione sull’antropologia del quotidiano, ha definito “non-luoghi”. I “non-luoghi” sono quegli spazi dell’anonimato ogni giorno più numerosi e frequentati da individui simili ma soli. Il “non-luogo” è il contrario di una dimora, di un’abitazione: è l’esatto opposto del locus nel senso proprio del termine. Per questo, i “non-luoghi” rappresentano l’impossibilità di ogni relazione, di ogni incontro vero perché il non-luogo è il non-abitabile. Frequentando Marc Augé mi sono domandato se anche un certa modalità contemporanea di concepire e progettare le chiese non corra a volte il drammatico rischio di creare anch’essi dei “non-luoghi”. Se lo spazio liturgico viene percepito, vissuto e abitato come un “non-luogo”, non solo diviene spazio di non incontro tra gli uomini, ma anche spazio di non incontro tra uomo e Dio.

Nulla, dunque, ci impedisce di pensare che quella diffusa domanda alla quale dal 2003 cerchiamo di dare risposta attraverso i Convegni internazionali di liturgia di Bose, esprima in fondo il bisogno oggi più che mai impellente di formazione e di approfondimento, affinché le nostre chiese siano degli autentici luoghi della fede, evitando così il tragico pericolo di trasformarsi in veri e propri “non-luoghi” della fede. Una chiesa è spazio per la celebrazione della fede quando è veicolo e strumento di conoscenza e di comunione tra l’uomo e Dio, e degli uomini tra loro. Solo così “avviene” la vera bellezza cui deve tendere lo spazio liturgico; non solo quella bellezza, come dice Dionigi l’Areopagita, “che crea ogni comunione” ma, anche all’inverso, quella bellezza che la comunione, la koinonía con Dio e con i fratelli può creare. Sì, ogni volta che ci si accinge come liturgisti, architetti e artisti a creare architettura e arte per la liturgia, dobbiamo essere abitati dalla consapevolezza che oggi più che mai, lo spazio liturgico è chiamato ad assolvere il compito di far passare l’uomo dal “non-luogo” al luogo santo, dal luogo di non relazione al luogo di comunione. Allora le nostre chiese saranno spazi di ristoro, autentici “santuari” di bellezza e armonia, comunicate attraverso quel silenzioso linguaggio della luce, degli spazi, delle linee e delle forme architettoniche che sono, come scrive Gregorio di Nissa, «l’arte muta che sa parlare».

Considerato l’interesse sempre dimostrato da numerosi giovani studiosi e professionisti, il Comitato scientifico dei Convegni liturgici internazionali di Bose propone una nuova formula di preparazione e di riflessione, rivolta a laureandi, dottorandi, giovani ricercatori e professionisti con meno di trentacinque anni. Il seminario che si chiude oggi a Bose ha l’obiettivo di rendere ancora più concreto il dialogo interdisciplinare di tutte le competenze che possono migliorare il dialogo tra liturgia, architettura e arte, favorendo lo scambio diretto di esperienze, progetti in corso, realizzazioni, secondo i temi della XV edizione del Convegno di Bose che si terrà dal 1° al 3 giugno prossimo: Abitare, Celebrare, Trasformare: processi partecipativi tra liturgia e architettura. Il seminario ha inoltre l’obiettivo di consolidare una rete di relazioni scientifiche e interpersonali a livello nazionale e internazionale, presupposto di nuove collaborazioni, iniziative e progetti su scala europea. Sono state superate le quaranta candidature, tra le quali sono stati scelti i venti partecipanti da parte della commissione formata dai rappresentanti del comitato scientifico e dai tutores del laboratorio. I candidati hanno sottoposto alla commissione i progetti o le ricerche che stanno affrontando legati ai temi del convegno. Ai venti selezionati è stata richiesta una ulteriore presentazione scritta del loro progetto che è stata messa a disposizione degli altri partecipanti su una piattaforma digitale condivisa, in modo che potessero già conoscere i punti di partenza dei colleghi che sederanno al loro fianco durante i giorni del laboratorio.

I giovani sono stati invitati in questa fase preparatoria a cercare attinenze, divergenze, parallelismi tra la loro ricerca e quelle dei colleghi. La finalità è quella di identificare dei nodi critici nel dialogo tra liturgia, comunità di fede e la progettazione di uno spazio per la liturgia. Ancora una volta si sconfessa il luogo comune che i giovani non sarebbero interessati ai simboli e alle forme maggiori con il quale il cristianesimo, oggi come ieri, si esprime come lo sono il rito, l’arte e l’architettura. Il contributo che giovani ricercatori danno al rapporto tra liturgia, architettura e arte attesta che i simboli maggiori della fede cristiana restano luoghi di ricerca spirituale.


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