venerdì 9 gennaio 2009
A Roma presentato il nuovo film «Sette anime», che stroncato dalla critica Usa sta conquistando il pubblico americano. Il regista italiano: «Racconto cosa succede a chi ha accidentalmente ucciso». Smith: «È una storia tragica che si trasforma in un inno all’amore e alla vita».
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Sette secondi, sette anime senza più vita e sette vite da recupera­re. Dopo La ricerca della felicità Gabriele Muccino e Will Smith torna­no a raccontare e a interpretare in Set­te anime il desiderio di redenzione e la necessaria profondità dei legami u­mani. Will Smith è Ben, un uomo lo­gorato dalla colpa di aver tolto, a cau­sa di un incidente stradale, la vita a sua moglie e altre sei persone. «Se la mia vi­ta fosse insignificante sarebbe già una promozione» dice Ben; e così per ren­derla degna di essere vissuta e per re­cuperare il male provocato decide di donare a persone sconosciute ciò che ha: i suoi organi, vitali e non, e anche la sua casa. E sceglie sette persone. Buone, pazienti, brave e senza mezzi o risorse per cambiare e recuperare sa­lute e pace. Occhi per un cieco, con la passione del pianoforte, una casa per una madre con due figli, sottoposta alla violenza del convivente, una parte di fegato per una donna che si occupa di problemi sociali, un rene per un allenatore «che è una brava persona anche quando non è osservato dagli altri», un pol- mone per il fratello, il midollo per un bambino e infine un cuore per una donna, Emily (interpretata da Rosario Dawson), il personaggio chiave attor­no al quale si costruisce la storia d’a­more. «È un film pericoloso e cupo – spiega Muccino ai giornalisti italiani – che spiega, secondo me, la capacità salvi­fica dell’amore. Volevo raccontare co­sa succede alle persone che provoca­no accidentalmente la morte di altri, che soffrono e sono incapaci di torna­re alla vita passata e cercano modi per rendere la loro vita utile. Ma è una sto­ria d’amore prima di tutto». «Potrei definire il film – aggiunge Will Smith – una tragedia fantastica che ha come protagonista un uomo che sof­fre e che, pessimista e in un certo sen­so malato mentalmente, cerca una via di redenzione. È la prima volta che piango leggendo una sceneggiatura: Sette anime è un film che ti fa lavorare intellettualmente e spiritualmente e, solo grazie al rapporto speciale che ho con Gabriele Muccino, sono riuscito ad interpretare questo personaggio de­presso e così distante da me». In ri­sposta alle critiche negative dei gior­nali americani Muccino risponde: «Credo che non sia stato compreso, for­se perché è un film così diverso e po­co neutrale: ho sempre imparato dal­le critiche, ma in questo caso posso di­re che non sono stato compreso dai giornalisti, ma dal pubblico america­no che ha amato il film che, in due set­timane, ha raggiunto i 60 milioni di dol­lari al botteghino». Sarà, ma Sette anime (che da domani invaderà 600 cinema italiani), che mi­ra ad emozionare e a far parlare del senso della vita, resta però un melo­dramma che, all’intensa interpreta­zione degli attori e alla bravura del re­gista, non affianca un’adeguata sce­neggiatura, dove purtroppo prevalgo­no dialoghi statici, lasciando impresso un fastidioso sottofondo di buonismo.
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