lunedì 11 ottobre 2021
Fatale la pandemia su un mercato in crisi, ma la notizia ha colto di sorpresa i dipendenti e gli addetti ai lavori. Fine delle pubblicazioni per EDB, Marietti 1820 e le molte riviste
Alcuni volumi pubblicati dalle Edizioni Dehoniane Bologna. Il Centro editoriale dehoniano ha dichiarato oggi il fallimento

Alcuni volumi pubblicati dalle Edizioni Dehoniane Bologna. Il Centro editoriale dehoniano ha dichiarato oggi il fallimento - Ansa

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La procedura fallimentare è stata avviata già da alcuni giorni, ma la notizia è stata diffusa soltanto nel pomeriggio di oggi attraverso un comunicato aziendale che ha colto di sorpresa anche gli addetti ai lavori: il Centro editoriale dehoniano di Bologna interrompe le attività. Cessano le pubblicazioni dello storico marchio Edb (Edizioni dehoniane Bologna), con i suoi ottomila titoli in catalogo e la galassia di tredici riviste che comprende testate di grande autorevolezza come “Rivista Biblica”, “Ricerche Storico Bibliche”, “Vivens Homo” e “Annali di storia dell’esegesi”. Si spezza bruscamente anche l’avventura del rilancio di Marietti 1820, una delle più antiche sigle editoriali italiane, acquisita dai dehoniani nel 2017, al termine di un altro periodo burrascoso, che però sembrava sostanzialmente superato. Allora le difficoltà aveva interessato in particolare il comparto dei periodici ed erano state affrontate mediante la trasformazione di “Settimana” nella testata online settimananews.it e con la creazione di un nuovo soggetto editoriale per la pubblicazione del quindicinale “Il Regno”.

L’andamento sfavorevole del mercato del libro religioso, ulteriormente accentuato dalla pandemia, ha purtroppo vanificato l’opera di risanamento nella quale si era inserito lo stesso piano per lo stato di crisi avviato nel marzo del 2020. Una circostanza, questa, che viene sottolineata dall’amministratore delegato del Centro editoriale dehoniano, padre Marco Bernardoni. «In quell’occasione la complessità della situazione è stata riconosciuta ufficialmente dal ministero del Lavoro», dice ad “Avvenire”, ricordando tra l’altro come in quindici anni siano stati investiti, in modo diretto o indiretto, non meno di 12 milioni di euro a sostegno delle attività editoriali.

Di recente era stata ventilata l’ipotesi dell’allargamento della base societaria o addirittura della cessione dell’azienda, ma nessuna delle trattative intraprese è andata a buon fine. Da qui la decisione di presentare al Tribunale di Bologna, in data 8 ottobre, l’istanza di fallimento in proprio, che per un anno lascerà nella disponibilità dell’esecutore fallimentare il catalogo della casa editrice: sarà possibile vendere i diritti di singoli titoli o di alcune collane, mentre nessuna assicurazione, al momento, è stata data ai venticinque dipendenti, i primi a essere presi alla sprovvista dalla mossa dell’azienda.

A rendere ancora più traumatica la vicenda concorrono una serie di circostanze. Nell’immediato, la chiusura del Centro editoriale dehoniano cade alla vigilia della più nota manifestazione del settore in Italia, il Salone del Libro di Torino, che dopo le vicissitudini degli ultimi due anni torna a svolgersi a partire da giovedì, nel rispetto delle norme anti-Covid. Un momento di ripresa e di speranza, che viene turbato dall’epilogo di un’avventura editoriale cominciata esattamente sessant’anni fa, tra il 1960 e il 1961, quando – sulla spinta del Concilio Vaticano II appena convocato da Giovanni XXIII – i dehoniani avevano deciso di mettersi al servizio della Chiesa in cambiamento. Un impegno che, nel corso del tempo, ha trovato espressione nell’edizione italiana della Bibbia di Gerusalemme (un testo di riferimento, venduto ogni anno in oltre un milione di copie), nella realizzazione dei cosiddetti Enchiridion, raccolte sistematiche dei documenti della Santa Sede, e in tante altre iniziative. Che la fine di questa storia si sovrapponga all’inizio del cammino sinodale non è di certo un segnale rassicurante.

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