sabato 24 febbraio 2024
A 50 anni dal suo primo album parla il cantautore, ex monaco e sodale di Franco Battiato, che il 28 febbraio su invito dell’Università Gregoriana terrà una lezione su “Musica ed esperienza del sacro”
Juri Camisasca con l’amico Franco Battiato (1945-2021) che 50 anni fa ne pubblicò il primo disco

Juri Camisasca con l’amico Franco Battiato (1945-2021) che 50 anni fa ne pubblicò il primo disco

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Juri Camisasca in cattedra. L’ex monaco benedettino, prolifico pittore di icone sacre e celebrato musicista, storico amico e sodale di Franco Battiato, sarà ospite mercoledì 28 febbraio della Facoltà di Missiologia della Pontificia Università Gregoriana per tenere una lezione sull’esperienza del sacro nella musica. Non live, per il protrarsi di una indisposizione, ma da un ideale tecnologico “pulpito” in diretta streaming (alle 17). E’ il secondo appuntamento di un ciclo di dodici incontri pubblici dal titolo “L’agire pastorale nella contemporaneità“, il cui primo ambito tematico riguarda in particolare l’arte quale potenziale strumento di evangelizzazione. Yvonne Dohna Schlobitten ha così parlato delle arti visive, Juri Camisasca tratterà di musica, il gesuita Antonio Spadaro (sottosegretario del Dicastero per la cultura e l’educazione) condurrà la terza lezione sulla lettura e sulla letteratura come luoghi di discernimento culturale evangelico (6 marzo), mentre Claudia Caneva, preside dell’Istituto “Ecclesia Mater” dell’Università Lateranense, parlerà della rappresentazione del divino nell’immaginario audiovisivo (13 marzo).

Il secondo ambito tematico su cui verterà il ciclo di conferenze entrerà invece all’interno delle grandi questioni dell’attualità, mentre il terzo avrà un taglio più aderente alle dinamiche pastorali (ultima lezione il 29 maggio). E’ passato mezzo secolo esatto dalla pubblicazione, da parte dell’allora 23enne Camisasca, del primo album, La finestra dentro, titolo già rivelatore di un acerbo bisogno di interiore ricerca di senso, poi sfociata in un decennio di vita monastica tra la fine degli anni 70 e gli 80. A produrre quel lontano long playing, insieme al discografico Pino Massara, l’amico Battiato (conosciuto anni prima durante il servizio militare), all’epoca al suo quarto album sperimentale, Clic. Anni luce di distanza rispetto a questi confusi tempi in cui certo rock progressivo di allora, quintessenza di una giovanile ricerca di nuove sonorità, ha lasciato spazio a rap e trap.

Camisasca, nella sua dedizione alla solitudine e alla contemplazione com’è oggi il suo rapporto con la musica?

Parliamo anzitutto di una musica che sia orientata al bene, al benessere. L’altra non può interessarmi, non mi appartiene. In questo senso bisogna infatti stare molto attenti. Perché la musica con la sua immediatezza va a colpire la persona direttamente al centro, arriva all’anima o al corpo perché non passa attraverso il cervello. Non deve essere decodificata come altre forme di comunicazione, come la letteratura, la pittura o il cinema. Questo nel bene e nel male, ovviamente.

Quali sono per lei il bene e il male in musica?

Beh, certa musica violenta e lugubre va solo a smuovere pericolose parti dell’inconscio. Oggi di questo tipo se ne sente molta. La musica volta alla bellezza è invece come una preghiera. Eleva e arriva persino a sospendere le momentanee preoccupazioni. Canta che ti passa, si dice. A volte certi presunti problemi sono soltanto cattivi pensieri di cui siamo succubi facendoli diventare ossessionanti e patologici. La musica può spazzare via tutto. I cattivi pensieri sono un po’ come le tentazioni dei padri del deserto che vi opponevano la pratica del silenzio della mente.

Il silenzio oggi sembra però una improponibile chimera...

Purtroppo anche la bella musica lo è. Quale tradimento è proporre, soprattutto ai giovani, quasi soltanto forme musicali che non valorizzano ma anzi inquinano il potenziale spirituale insito nella musica, svilendone la naturale bellezza. Senza nulla togliere al Festival della canzone, stando ai mass media sembra che ci sia soltanto Sanremo. Invece c’è un mondo di musica meravigliosa da scoprire ogni giorno.

Lei di che musica si circonda?

Di ciò che mi eleva. Come per esempio il canto gregoriano, la quintessenza dell’espressione musicale liturgica. Bisogna infatti distinguere tra musica liturgica e musica spirituale. In questo senso il gregoriano per me è il massimo accompagnamento di testi canonici, come il Credo, il Sanctus, l’Agnus Dei o i Salmi. Ma possono essere considerati liturgici anche la Messa in Si minore di Bach, il Requiem di Mozart o i canti polifonici di Palestrina. Poi c’è musica spirituale, come anche certi brani di Debussy. Ma il gregoriano è in assoluto la forma musicale che avvicina di più al trascendente. Ha il soffio dell’eternità. Forse perché si tratta di brani perlopiù composti da persone di preghiera. Salve Regina in tono solenne è un capolavoro assoluto. Ma hanno una matrice spirituale molto forte anche certi raga indiani o i canti islamici. E certo pop, perché no...

Lei stesso di brani ispirati ne ha scritti non pochi...

Tanti anni fa scrissi un brano per Alice partendo da un concetto zen, si intitolava Il sole nella pioggia. Non ha niente a che vedere col concetto di speranza, ma significa prendere i diversi aspetti della vita per quello che sono. C’è così il sole e c’è la pioggia. Non c’è solo l’attesa del sole dopo la pioggia. Nella vita coesistono i poli opposti, il momento della sofferenza e quello della gioia. Si compenetrano, come il sole nella pioggia appunto. E tutto questo è vita. La sofferenza di Cristo in croce è sempre un aspetto della sacralità dell’esistenza così come lo è il miracolo di Cana. L’esistenza va affrontata con accettazione. Anche il dolore è parte del sacro, è umanamente divino.

Che cos’è il sacro per lei?

E’ sentire la misericordia di Dio. Ti abbandoni a questo sentire e Dio ti è sempre accanto. Soprattutto quando qualcosa non sta andando bene e Dio è lì con te: questo è il sacro.

Il prossimo 16 maggio in Duomo a Milano verrà eseguita la Messa Arcaica di Battiato, a tre anni dalla scomparsa. Sarà lei la voce recitante che fu di Franco?

Sono stato invitato da Francesco Cattini, lo storico manager di Battiato, a svolgere questo ruolo, ma ho per ora declinato l’invito perché non sto molto bene in questo periodo. E’ una parte che avevo cantato due anni fa al Ravenna Festival nell’omaggio a Franco a un anno dalla scomparsa. Rifare questa opera sacra era il desiderio di Antonio Ballista, che infatti la dirigerà.

Al pianoforte ci sarà Carlo Guaitoli, mentre la voce lirica femminile sarà il mezzosoprano Lorna Windsor. E’ il primo atto della nascitura Fondazione Franco Battiato. Poi cosa ci sarà in programma?

Non lo so davvero. Certo, sarebbe bello che ne diventasse la sede la casa di Milo, Villa Grazia. Dove io peraltro abito in una sua dependence. Si potrebbero organizzare incontri ed eventi soprattutto in estate, il posto è bellissimo. Per il momento però la casa di Franco ha i sigilli posti dalla Sovrintendenza, i cui funzionari sono venuti a fare fotografie anche da me.

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