sabato 28 marzo 2020
La denuncia del presidente Fib De Sanctis: «La metà sono giocatori dei focolai lombardi». Tra i 500 positivi la campionessa del mondo la 26enne Caterina Venturini
Una bocciofila

Una bocciofila - Wikimedia Commons

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Questa nostra sì sa, è una Repubblica fondata sul pallone, e infatti nei giorni cupi della pandemia le pagine di calciomercato sono state sostituite da quelle sugli aggiornamenti dei calciatori positivi al Covid-19 e degli assi stranieri milionari “fuggiaschi” che fanno rientro in patria, rischiando di contagiare i loro cari. Solo lo sport ricco e famoso fa notizia, perciò non ci si è accorti di un’autentica “strage” che si sta consumando attorno al più umile, eppure popoloso, universo delle bocce. In Italia si tratta di una popolazione di 90mila tesserati (di cui 40.500 agonisti), 1600 società affiliate alla Fib (Federazione italiana bocce) e registrate al Coni, più un numero elevatissimo di amatori e relative bocciofile, sparse dalla Valle d’Aosta fino alla Sicilia. Ebbene in questa disciplina assai più antica del calcio (si giocava fin dal 7000 avanti Cristo. (“Rotolamento di sfere su terreno accidentato”, è la scoperta archeologica fatta nella città neolitica di Catal Huyuk, in Turchia) e forse la più amata dagli italiani, a causa del terribile Coronavirus è in corso la più grande “moria dello sport”, forse a livello mondiale. «In un mese abbiamo perso più di 200 tesserati, la metà si tratta di morti avvenute in Lombardia nei focolai di Bergamo, Brescia e Milano. E quasi 500, ufficialmente, sono i nostri giocatori contagiati». È il grido d’allarme che lancia il presidente della Fib, Marco Giunio De Sanctis, dal suo ufficio romano dove è intento a terminare l’ennesimo telegramma di condoglianze da recapitare alla famiglia di un tesserato: l’ultima vittima del virus. «Sono al trentesimo telegramma, solo questa settimana. È vero che nel nostro sport si può giocare fino a 90 anni, ma posso assicurare che tra le vittime di Coronavirus ci sono molti tesserati 60-70enni, come il campione veneto Giuliano Mirandola (62 anni) e il suo corregionale, il forte Italo Baldinot (75). E poi tra i contagiati abbiamo dei ventenni, come la campionessa del mondo Caterina Venturini (26 anni) e sua sorella minore, la nazionale Virginia Venturini». Le due ragazze sono in buone condizioni ma hanno trasmesso il virus ai genitori.

Il contagio delle bocciofile nelle province più colpite (Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Marche e Piemonte) è un fenomeno che ha superato i livelli di guardia fin dalle prime ore della propagazione del Covid- 19. «Almeno 15 casi di positivi, con i relativi decessi, ci vengono segnalati dalle bocciofile ogni santo giorno. E poi ci sono delle situazioni a mio avviso scandalose che vanno denunciate, come quanto accaduto al nostro giocatore e dirigente di Bergamo, il 50enne Roberto Ne- spoli: è stato dieci giorni a letto con febbre alta e tutti i sintomi del Covid-19 e non gli hanno fatto il tampone...». Uno scenario avvilente, come quello segnalato nei giorni scorsi dall’ex ct della Nazionale Cesare Prandelli che nella natìa Orzinuovi (Brescia) tra i tanti amici scomparsi, «uccisi dal virus», ricordava quelli della bocciofila del paese in cui si era svolta da poco una gara contro una società di Codogno, il primo paese dichiarato “zona rossa”. «È una situazione drammatica – continua il presidente De Sanctis – e con questi numeri non solo abbiamo già cancellato tutti i tornei e gli eventi internazionali fino ad ottobre, ma saremo anche l’ultimo sport a riaprire. Ripartiremo solo quando ci verranno garantite le massime condizioni di sicurezza per riprendere l’attività agonistica». Uno stop forzato che arriva in un momento di grande rilancio del movimento che vanta tante punte di diamante nel settore femminile e nel maschile un campione del mondo nel “tiro di precisione”: il 22enne Matteo Mana, piemontese di Centallo (Cuneo). Tanti i piccoli campioni crescono. «Caterina Venturini e Matteo Mana rappresentano il futuro e per questo entreranno nelle Fiamme Azzurre – continua De Sanctis – . Nella “staffetta e navetta”, specialità in cui in 5 minuti devi colpire il maggior numero di bocce, è richiesta una preparazione fisico-atletica notevole che ti puoi permettere fino ai trent’anni. Questo a conferma che nelle bocce l’agonismo ad alti livelli ha gli stessi parametri anagrafici delle altre discipline olimpiche».

Ma intanto le bocce a Tokyo 2021 non ci saranno e ai Giochi di Parigi del 2024 non ci sono entrate per un soffio, per colpa del solito sciovinismo francese. «Oltre la “raffa” c’è la “pétanque” che in Francia ha circa 380mila giocatori e 3500 società affiliate: loro volevano fare la corsa olimpica da soli e così non andrà nessuno – spiega il presidente dalla Fib – . Consoliamoci con le Paralimpiadi dove speriamo di arrivarci con i nostri atleti che fanno parte di un movimento che mi sta a cuore da sempre. Quando sono arrivato avevamo 35 iscritti alle bocce paralimpiche, oggi sono 1500, di cui 150 atleti con handicap fisici che giocano alle bocce in palestra e 250 disabili intellettivi che si sfidano nei tornei sulle corsie». E una sfida, di speranza nel futuro, la lancia un affiliato speciale della sezione regionale toscana della Fib del presidente Giancarlo Gosti: l’irriducibile Rino Nencini. Fiorentino, classe di ferro 1921, Rino, parente di quel Gastone Nencini asso del ciclismo (vinse il Giro d’Italia del ’57 e il Tour de France del ’60), a 99 anni assiste la moglie malata, «viviamo al quinto piano, senza ascensore. Faccio la spesa e prima che succedesse questa robaccia del virus giocavo all’Unione Sportiva Affrico. Chi mi porta a giocare a bocce? Oh bella questa... Piglio la mia macchina, così quando si finisce la partita, che di solito vinco pure, mi fermo al ristorante a mangiare con chi mi garba... Non vedo l’ora che tutto finisca, così si torna anche a mangiare e a giocare con gli amici».

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