martedì 23 giugno 2015
Il malato italiano in gravi condizioni che era stato scelto come testimonial dai fautori di una legge per l’eutanasia ha deciso di seguire terapie «alternative».
La libertà è per vivere di Francesco Ognibene
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Aveva deciso di accogliere la proposta dell’Associazione radicale Luca Coscioni e di farsi accompagnare in Svizzera dove in una clinica per il suicidio assistito avrebbe ricevuto i farmaci necessari a darsi la morte. Ma il paziente italiano, malato grave, ha cambiato idea e ha deciso di seguire un percorso terapeutico che gli possa consentire di affrontare l’ultimo tratto della sua vita vedendo accolta la sua domanda di aiuto e accompagnamento nella sofferenza causata dal male. Ad annunciare questa decisione inattesa è stata la stessa associazione, che però legge nella decisione del paziente un implicito sostegno alla legalizzazione dell’eutanasia alla quale punta la campagna di "disobbedienza civile" col supporto a chi vuole morire anzitempo in strutture specializzate attive nella Confederazione elvetica. Un’interpretazione che però non fa i conti con l’evidenza dei fatti: chi perde la speranza e nel percorso di una malattia inguaribile è tentato da scorciatoie eutanasiche in realtà chiede tutto un altro tipo di aiuto – cure palliative in primis – ed è sul dovere di garantire supporti clinici, umani e assistenziali all’altezza che occorre concentrare gli sforzi senza assecondare spinte a un’autodeterminazione distruttiva.

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