martedì 30 aprile 2024
La storia di una bimba di 7 anni affetta da una malattia rarissima per la quale manca una cura. Ma arriverà, se la ricerca arriverà in porto. Il 4 e 5 maggio nelle piazze la raccolta donazioni
Mamma Carmelina con Aurora

Mamma Carmelina con Aurora - -

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Oggi non esiste una cura per la malattia della piccola Aurora, ma domani, grazie alla ricerca, forse sì. La speranza della mamma Carmelina è la speranza di tante mamme di bambini con una malattia genetica rara. Ed è la speranza anche per i bambini di domani.
Aurora ha sette anni e le è stata diagnosticata un’encefalopatia epilettica, dovuta a una variante del gene Ugdh. Questa malattia genetica rarissima del neurosviluppo è nota anche come Sindrome di Jamuar e provoca gravi crisi epilettiche, accompagnate da ritardo o regressione dello sviluppo. «Appena Aurora è nata – racconta Carmelina – si notava subito che c’era qualcosa che non andava. Quando siamo tornati a casa, prorompeva in pianti inconsolabili e inarcava spesso la schiena, condizione di postura anomala che abbiamo poi scoperto chiamarsi “opistotono”. I medici, inizialmente, avevano ipotizzato un problema legato al reflusso gastroesofageo. La situazione, però, non migliorava nemmeno con il latte antireflusso».
Dopo tante visite i medici hanno confermato che si trattava di un’encefalopatia epilettica, ma la malattia non aveva ancora un nome e la diagnosi è arrivata solo nel 2020. «I primi anni sono stati difficili, soprattutto maturare la consapevolezza che non c’era una cura per la malattia di Aurora – spiega la mamma –. Quando questa certezza è diventata lampante abbiamo sentito forte l’esigenza di dare il nostro contributo, sostenendo il lavoro dei ricercatori. Aurora a oggi non può beneficiare di una cura, ma mi auguro che fra 10-15 anni una famiglia nella nostra stessa situazione possa sentirsi dire che ce n’è una».
La variante Ugdh o Sindrome di Jamuar è una malattia degenerativa che provoca una progressiva regressione dello sviluppo nei bambini colpiti. «È davvero impressionante e demoralizzante. Abbiamo lavorato per sette anni aiutandola ad acquisire competenze che sono improvvisamente sparite. Aurora andava a scuola, interagiva con i compagni, riusciva a dipingere e colorare, anche grazie all’aiuto della maestra. Le piaceva tanto suonare la pianola e giocare con il tablet. Nell’ultimo ricovero, però, ha perso l’uso delle mani. Per fortuna i medici sono ottimisti, dicono che potrebbe riuscire a riprenderlo».
Aurora è una bambina molto socievole, le piace stare in mezzo alla gente, andare a scuola e giocare con i compagni della sua bella classe. «Il sorriso di Aurora ci dà forza, è estremamente comunicativo, così come lo sono i suoi profondi occhi scuri – dice la mamma –. Ora è tornata a sorridere dopo un periodo complicato e noi siamo contenti con lei».
La malattia di Aurora è rarissima. Attualmente ci sono soltanto due casi accertati in Italia e trenta in tutto il mondo. Trovare un trattamento efficace per gestire i sintomi è difficile anche perché scarseggiano i casi di riferimento per i medici. «Abbiamo fatto diversi tipi di terapia – continua Carmelina – e Aurora è riuscita ad avere qualche miglioramento. Sicuramente è difficile che riesca a camminare, ma così come credo nella ricerca credo anche nella possibilità che i bambini con Ugdh possano trarre giovamento dalle terapie, dopo molto tempo e impegno».
La famiglia è forte e unita, a cominciare da Michele, il dolcissimo fratellino. «Michele ha tre anni, ma nonostante la tenera età nutre già un grande senso di protezione per la sorella – dice con dolcezza la mamma –. Le porta il biberon, il ciuccio, se la sente piangere corre in camera. È molto sveglio e autonomo. È un bambino sensibile e ha risentito tantissimo dei lunghi ricoveri della sorella. Ha passato 40 giorni con i nonni e spesso dice loro “Prego Gesù bambino per far tornare la mamma e Aurora a casa”. Ogni tanto, quando lo sento per telefono, gli chiedo se vuole che gli porti un regalino al mio ritorno e lui risponde: “Io voglio te e Aurora”».
Nei prossimi giorni Michele volerà con il papà dalla Calabria a Roma, dove Aurora è ricoverata per infezioni respiratorie. «Quando rientriamo a casa – continua Carmelina –, dopo mesi in ospedale, conquistarci piccoli momenti insieme è una boccata di ossigeno. Riuscire ad andare al parco tutti insieme e mangiare il gelato è una conquista, così come fare colazione fuori la domenica o passeggiare. Andare tutti insieme al mare è bellissimo. Ad Aurora piace tantissimo il mare e anche questa è sempre stata un’occasione preziosa per vederla sorridere. Grazie a lei abbiamo imparato ad apprezzare la bellezza delle piccole cose. Spero davvero tanto che il lavoro dei ricercatori aiuti a trovare una cura, sarebbe il regalo più bello per dare ancor più senso e valore all’esperienza di vita della mia Aurora».
Per aiutare i bambini come Aurora anche quest’anno torna la campagna “Io per Lei” di Telethon dedicata alle mamme, da sempre al centro della missione della Fondazione nata trent’anni fa dall’appello di un gruppo di madri dell’Unione italiana Lotta alla Distrofia muscolare (Uildm). Organizzata in prossimità della Festa della Mamma, l’iniziativa è un invito a sostenere la grande catena di solidarietà verso le mamme dei bambini con una malattia genetica rara. In tutta Italia il 4 e 5 maggio è possibile trovare oltre 2.000 punti di raccolta dove i volontari di Fondazione Telethon, Uildm e altre associazioni distribuiscono i Cuori di biscotto a fronte di una donazione minima di 15 euro. Un modo concreto per sostenere la ricerca scientifica sulle malattie genetiche rare e dare speranza a tante famiglie.

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