giovedì 21 gennaio 2016
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Quella che segue è una parte dell’intervento pronunciato ieri sera da Assuntina Morresi durante l’incontro in San Lorenzo a Genova sul tema «Educare i figli con mamma e papà», secondo appuntamento di «Cattedrale aperta», presente il cardinale Angelo Bagnasco. Accanto all’altro relatore, il neurologo Massimo Gandolfini, Morresi ha parlato di maternità surrogata. Il suo intervento è sviluppato anche nella rivista «Libero osservatorio del diritto».«Con le tecniche di riproduzione artificiale si svincola la procreazione dalla coppia, dalla famiglia e dalla sessualità. L’orientamento sessuale dei genitori non c’entra davvero un tubo, non è il punto. I figli diventano un progetto a tavolino, vengono generati dalla mente, proprio come Zeus generava sua figlia Atena. Grazie all’ingegneria genetica possono diventare genitori donne single, uomini single, donne in menopausa, coppie sterili (omo o eterosessuali), perfino coppie fertili, se la donna non vuole rovinare il suo corpo (come nel caso di Nicole Kidman, che è ricorsa alla gestazione per altri, ossia a una madre surrogata). Così come la donna che presta il suo utero può non diventare madre, non esercitare la maternità, nonostante partorisca una vita». Da chi è stato scritto questo brano? Da una persona che vuole fare un inutile allarmismo? Da un pro-life esagerato? No. Da Eugenia Romanelli, che vuole sostenere l’attuale proposta di legge Cirinnà sottolineando l’uguaglianza di tutte le forme di essere genitori.La prima, fondamentale caratteristica della surroga è quella di introdurre un nuovo concetto di genitorialità: si è genitori quando si ha l’intenzione di avere un bambino, e non quando lo si genera fisicamente (indipendentemente dalle modalità di concepimento, naturale o in vitro), e lo si partorisce. Se la scissione della genitorialità dal contributo genetico era già stata introdotta dall’eterologa, la separazione dalla corporeità della gravidanza che si realizza con la surroga determina una completa estraneità fisica fra madre legale e figlio. È evidente la profonda differenza tra questa fattispecie e, invece, l’adozione: nella surroga si progetta una nascita in cui i committenti affermano il diritto ad avere un bambino che, prima ancora di essere concepito, è già stabilito che non vivrà con i genitori biologici, ma con quelli intenzionali; nell’adozione si riconosce a un bambino già nato il diritto a vivere con un padre e una madre, quando quelli biologici, per i motivi più diversi, non sono in grado di occuparsene.La seconda caratteristica della surroga è il numero elevato di coloro che in qualche modo contribuiscono al concepimento, e sono quindi coinvolti nel contratto: la coppia committente, i donatori di gameti (sia maschili che femminili), la madre surrogata, il suo eventuale partner (che spesso deve dare il proprio consenso), la clinica in cui avviene la procedura (dalla preparazione della surroga alla fecondazione in vitro fino al parto, inclusa la presa in carico della gravidanza), gli intermediari, solitamente organizzati in agenzie, interne o esterne alla clinica stessa, e che comprendono coloro che assoldano le surrogate e le donatrici (queste ultime anche indirettamente, mediante accordi con biobanche di gameti), e soprattutto un team legale che formalizza il contratto di surroga con tutto quel che ne consegue.Difficilmente, infatti, l’intero processo coinvolge soggetti all’interno di uno stesso Stato (la cosiddetta "surroga domestica"). Molto più spesso si tratta di "surroga internazionale": i casi più frequenti sono quelli di ricchi committenti di Paesi occidentali e di donatori e surroghe di Paesi terzi o a economie emergenti, con cliniche e intermediari a loro volta situati in nazioni ancora diverse. I contratti che vengono stipulati devono tenere conto della legislazioni di tutti i Paesi variamente coinvolti, e i nodi vengono al pettine solitamente alla nascita del bambino, quando le autorità del Paese in cui nasce devono stabilirne cittadinanza, filiazione e responsabilità genitoriale.Le combinazioni possibili sono tantissime, aumentate negli ultimi anni dal diffondersi del riconoscimento di unioni di persone dello stesso sesso, che finiscono sempre per assumere forme simil-matrimoniali includendo, di conseguenza, anche varie possibilità di accesso alla filiazione, prima fra tutte la stepchild adoption, cioè la possibilità di adozione del figlio del partner. Non è difficile quindi capire perché aumentano le controversie internazionali in merito, e i casi intricatissimi che finiscono davanti alle corti di ogni ordine e grado. Non è raro che tanti contributi biologici da diversi Paesi finiscano per rendere il neonato da surroga orfano e apolide, in un limbo giuridico in cui nessuno è veramente in grado di pronunciare la parola definitiva.Paradossalmente, dell’utero in affitto mancano le cifre: non esistono dati attendibili dei bambini nati, delle procedure effettuate, delle coppie committenti, dei centri di fecondazione assistita, del numero di intermediari coinvolti e dell’indotto economico collegato. Si parla, solo per l’India, di un movimento complessivo di 2 miliardi di dollari ogni anno, ma sono stime all’ingrosso, considerando che le migliaia di cliniche implicate non sono neppure censite dalle istituzioni indiane. E anche nei Paesi dove la pratica è consentita e regolata da leggi i numeri disponibili riguardano solo le surroghe "domestiche", mentre sfugge gran parte del traffico internazionale.Una delle conseguenze più dirompenti dell’utero in affitto, e forse meno evidenti all’opinione pubblica, è quella che si potrebbe riassumere nella seguente affermazione: «Gli sviluppi demografici, sociali e scientifici negli ultimi decenni hanno finito tutti per convergere nella questione di chi la legge dovrebbe identificare come genitori di un bambino, una problematica mai così complessa e impegnativa prima d’ora» (Hague Conference on Private International Law).La domanda ultima della rivoluzione antropologica che stiamo attraversando a seguito dell’introduzione delle nuove tecniche in ambito procreativo è quindi: chi sono i genitori di un bambino? Una domanda che si pone in modo drammatico e a volte senza risposte univoche quando la genitorialità biologica è frammentata e quella legale può essere solo stabilita convenzionalmente, mediante contratti di tipo economico e commerciale, che non necessariamente implicano accordi matrimoniali.Regolare la maternità surrogata a livello internazionale sta andando nella direzione di accettare nella sostanza questa pratica, lasciando alle corti il compito di dirimere eventuali contenziosi che poi vengono a crearsi, ignorando – sottinteso – tutti i risvolti etici e le nuove forme di sfruttamento create dal nuovo mercato del corpo e della procreazione. Ma c’è un altro aspetto che sta emergendo, e riguarda l’utero in affitto come mezzo per realizzare la vera eguaglianza fra coppie omo ed eterosessuali, eliminando di conseguenza la differenza sessuale.
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