sabato 12 settembre 2015
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La California ha approvato la legge che apre al suicidio assistito: una volta entrata in vigore la nuova norma – attesa ora dal vaglio del governatore Jerry Brown, democratico, che ha il potere di porre il veto alla legge (ma che difficilmente lo farà) – permetterà ai medici di consegnare ai malati terminali il farmaco letale per porre fine alla loro vita senza conseguenze penali. Norme analoghe sono già in vigore in quattro Stati americani: Oregon, Washington, Montana e Vermont. La legge della California ricalca in particolare quella dell’Oregon (che ha aperto la strada al dibattito sulla legalizzazione della pratica) con alcune differenze: è previsto infatti che la legge venga rivista tra dieci anni e che i medici effettuino colloqui privati con i pazienti che intendono procedere con il suicidio assistito per assicurarsi che nessuno possa porre fine alla propria vita contro la sua volontà, un dettaglio quest’ultimo che getta un’ombra molto inquietante sulle norme in vigore in Paesi come il Belgio e l’Olanda dove ormai si procede con l’eutanasia di malati terminali anche su sola richiesta dei congiunti, su decisione autonoma dei medici o in considerazione della presunta irrecuperabilità del paziente, con casi di soppressione di depressi, carcerati e minori consenzienti. L’approvazione della legge californiana giunge a poche ore dal rigetto da parte della Camera dei Comuni inglese con 330 voti contrari e 118 favorevoli della proposta di legge sul suicidio assistito per pazienti terminali cui i medici riconoscano non più di sei mesi di vita. Un esito clamoroso, che sovvertendo gli auspici dei media internazionali (ormai schierati al fianco di ogni forma di espressione della libertà individuale) ha fermato una riforma dagli esiti culturali e umani drammatici, e che è stata del tutto censurata dai mezzi di comunicazione italiani. Negli Stati Uniti in numerosi Stati si sta discutendo della possibilità di legalizzare alcune forme di suicidio assistito. Se il governatore californiano dovesse bloccate il provvedimento è probabile che i fautori della legge chiedano il ricorso a un referendum. Interessante la motivazione con la quale Peter Saunders, leader di «Care not killing» – rete di associazioni inglesi che si è battuta per sventare il varo della legge a Westminster –, ha spiegato cosa attendeva il Paese in caso di approvazione: «In Oregon, che è il modello per questa legge – ha dichiarato dopo l’esito del voto londinese –, i tassi di suicidio assistito sono aumentati drammaticamente dopo la sua introduzione. Allo stesso tempo, a causa delle cure sanitarie razionate, abbiamo visto rifiutare a coloro che soffrono di cancro terapie salva-vita offrendo invece cocktail letali di farmaci per uccidersi. Nel vicino Stato di Washington sei persone su dieci persone che muoiono grazie all’applicazione della legge lo fanno per paura di essere un peso. Uno studio ha mostrato che quasi uno su sei era affetto da depressione curabile». Un dato che i deputati inglesi hanno mostrato di saper leggere, e che invece in California si è scelto di ignorare.
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