giovedì 13 marzo 2025
Lettera aperta dei palliativisti nel Comitato nazionale per la Bioetica a 15 anni dalla legge 38, tra le migliori e meno applicate per la Sanità, indispensabile mentre si parla di suicidio assistito
«Cure palliative: a chi soffre servono soluzioni, non scorciatoie»
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Il dibattito sul suicidio medicalmente assistito è sempre più acceso e la Medicina si trova inevitabilmente al centro della questione. Il termine stesso – “medicalmente” – suggerisce un coinvolgimento diretto dei medici e delle strutture sanitarie, in un atto che va ben oltre la cura. Ma è proprio qui che nasce un equivoco: si rischia di confondere il compito di alleviare la sofferenza con quello di interrompere la vita. La Medicina ha sempre avuto un ruolo chiaro: curare, sostenere, accompagnare la vita – non accelerare la morte; non è una questione ideologica ma una distinzione essenziale. La Medicina esiste infatti per prendersi cura della vita, fino alla fine: già Ippocrate, nel suo giuramento, esortava i medici a non somministrare sostanze letali, nemmeno su richiesta, segno che il desiderio di morire non è un’invenzione moderna né un’espressione di libertà contemporanea, ma il sintomo di una sofferenza profonda e antica – e, alla sofferenza, la Medicina ha sempre risposto cercando soluzioni, non scorciatoie. All’interno di questo confronto, si discute persino se le Cure pallaitive non solo debbano accogliere i pazienti in un percorso di assistenza, magari precedente al suicidio assistito, ma anche diventare il luogo in cui questo si realizza; è un’ipotesi che suscita interrogativi etici profondi e rischi di stravolgere la missione stessa di questa disciplina. Le Cure palliative nascono con uno scopo preciso: migliorare la qualità della vita dei pazienti fino alla fine, rifiutando esplicitamente di accorciarne il percorso. Pensare che possano diventare il luogo in cui si pratica il suicidio assistito significa fraintenderne il senso più profondo e rischiare di compromettere la fiducia di chi ne ha bisogno. Molti pazienti, infatti, temendo di essere considerati “senza speranza”, potrebbero rifiutare la proposta di ricovero in hospice, o di essere assistiti da équipe domiciliari. Già oggi nelle unità di Cure palliative capita di dover rassicurare pazienti e familiari che l’accompagnamento non significa abbreviare la vita ma rendere il tempo rimanente il più dignitoso e sereno possibile. Inoltre, chi lavora nelle Cure palliative percepisce che la richiesta di anticipare la morte spesso non è un atto di libertà ma un segnale di sofferenza, , quando un paziente esprime il desiderio di morire il compito della medicina non è acconsentire ma comprendere le cause di quella richiesta e intervenire per alleviare il dolore, la paura, il senso di solitudine. La sofferenza non va ignorata ma affrontata con competenza e umanità. Per questo le Cure palliative non possono diventare il luogo del suicidio assistito. Se la Medicina si fosse arresa davanti alle malattie inguaribili oggi non avremmo trattamenti oncologici avanzati, cure per il dolore o terapie che migliorano la qualità della vita. Ogni progresso è nato dalla volontà di non accettare la sofferenza come inevitabile ma di trovare soluzioni per alleviarla. Le Cure palliative devono seguire questa strada. Investire nella ricerca, nella formazione degli operatori e nello sviluppo di nuove terapie significa garantire una Medicina che accompagna e sostiene, non che abbandona, come chiaramente sostenuto nel parere del Comitato nazionale per la Bioetica del dicembre 2023. Se una società dice a chi soffre, anche senza dichiararlo apertamente, che la morte è una soluzione accettata, sta implicitamente affermando che non vale la pena cercare risposte migliori. Ma la vera libertà non è scegliere la morte: è poter vivere senza dolore, senza paura, senza solitudine e senza inutili forme di accanimento terapeutico. Ed è per questo che le Cure palliative, come tutta la Medicina, devono restare dalla parte della vita.

I componenti del Comitato nazionale per la Bioetica:

Giuseppe Casale (Presidente Fondazione Antea Cure palliative Roma)

Maria Grazia De Marinis (Ordinario di Scienze Infermieristiche Università Campus Biomedico Roma)

Andrea Manazza (Dirigente medico Cure palliative Asl TO04 Chivasso)

Marcello Ricciuti (Direttore Uoc Hospice e Cure palliative Azienda Ospedaliera S.Carlo Potenza)

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