Suicidio assistito: cos’ha detto Leone XIV sulla legge del “suo” Illinois

Poche ore prima del Natale, rispondendo ai giornalisti mentre lasciava Castel Gandolfo per tornare a Roma, il Papa si è detto «molto deluso» dalla firma del governatore Pritzker al provvedimento che legalizza l’aiuto a morire per i malati terminali. In Italia la ripresa del confronto al Senato in gennaio
December 26, 2025
Suicidio assistito: cos’ha detto Leone XIV sulla legge del “suo” Illinois
Lo skyline di Chicago, capitale dell'Illinois
Non era la prima volta che parlava di dignità della vita umana in ogni sua condizione, dal concepimento alla morte naturale. Ma la sera del 23 dicembre, lasciando Castel Gandolfo dopo il suo ormai consueto martedì di riposo, Leone XIV si è pronunciato assai esplicitamente in risposta ai giornalisti che – tra i molti altri temi – chiedevano la sua opinione sul recente varo in Illinois di una legge che consente il suicidio assistito dei malati terminali. La legge tocca papa Prevost in modo particolare essendo l’Illinois lo Stato di Chicago, sua città natale.
Ricordando l’udienza in Vaticano a novembre del governatore dell’Illinois, il democratico JB Pritzker, Leone XIV ha detto di aver affrontato con lui il tema «molto esplicitamente»: «A quel tempo – ha aggiunto – il disegno di legge era già sulla sua scrivania. Eravamo molto chiari sulla necessità di rispettare la sacralità della vita, dall’inizio alla fine. E purtroppo, per diverse ragioni, ha deciso di firmare quel disegno di legge. Sono molto deluso da questo».
Papa Leone ha poi invitato «tutti, soprattutto in questa festa di Natale, a riflettere sulla natura della vita umana, sul valore della vita umana. Dio si è fatto uomo come noi per mostrarci cosa significhi veramente vivere la vita umana». Ora la speranza del Papa è che «il rispetto per la vita torni a crescere in tutti i momenti dell’esistenza umana, dal concepimento alla morte naturale».
Aspramente avversata da associazioni per i diritti dei disabili e dai vescovi dello Stato, la “End-of-Life Options for Terminally Ill Patients Act” (“Legge per le scelte di fine vita dei pazienti malati terminali”) è stata firmata dal governatore il 12 dicembre e consente ai medici di prescrivere farmaci letali a persone maggiorenni capaci di intendere e volere con un’aspettativa di vita pari o inferiore a sei mesi che devono manifestare la loro volontà per iscritto e oralmente. La condizione di terminalità deve essere confermata da due medici. Dunque una sorta di “diritto di morire”.
La Conferenza episcopale cattolica dell’Illinois aveva subito dichiarato che il governatore «ha messo il nostro Stato su una strada scivolosa che mette a repentaglio il benessere dei poveri e degli emarginati, in particolare quelli della comunità dei disabili» avvertendo che l’applicazione del provvedimento avrà «prevedibili conseguenze tragiche». Ora le parole del Papa, molto esplicite.
Con un dibattito globale pressoché permanente sulle scelte di fine vita, le parole del Papa non possono che dare da riflettere a chi sta lavorando a una possibile legge sul suicidio assistito in molti Paesi. Quindi anche in Italia, dove la ripresa dei lavori al Senato sul progetto della maggioranza è prevista per gennaio. Assai preoccupato per gli effetti sulle persone più fragili che potrebbe sortire una legge sull’aiuto medico a morire è Carmelo Leotta, avvocato, una delle voci dei malati e disabili gravi che si sono rivolti a lui per vedere ascoltato (già due volte) il loro “diritto alle cure” nelle udienze della Corte costituzionale sui ricorsi contro il dettato del Codice penale che persegue l’assistenza al suicidio e l’omicidio del consenziente.
A quanti «sostengono la possibilità di approvare una legge che ammetta, tramite una procedura, il suicidio assistito nelle forme indicate dalla Corte costituzionale, operando una depenalizzazione parziale dell’art. 580 del Codice penale che punisce l’aiuto al suicidio», una «scelta apparentemente “minimalista”», Leotta ricorda dopo la presa di posizione del Papa che «ammettere e regolare il suicidio assistito anche “solo” nei casi contemplati dalla sentenza n. 242/2019 significa che la vita dei più sofferenti diventa oggetto di un atto del terzo che concorre a dare la morte a un uomo». Il giurista avverte «chi prende come modello la strada indicata dalla Corte costituzionale che la sentenza 132/2025 della stessa Corte già si è spinta ad affermare che l’accesso al suicidio assistito deve essere un diritto soggettivo, la cui prestazione è affidata al Servizio sanitario nazionale», cioè oltre lo stesso perimetro fissato dalla sentenza “madre”, la 242 del 2019 sul caso Cappato-dj Fabo che è il punto di riferimento del progetto di legge. A queste interpretazioni dei giudici si attende che si aggiunga ora quella sull’impugnazione da parte del Governo della legge sul suicidio assistito varata in febbraio dalla Regione Toscana, prima in Italia, seguita poi in settembre anche dalla Sardegna (legge anch’essa impugnata dall’esecutivo).

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