Tutti con Fede, capitano con la Sla: «Insieme alla mia squadra vinco io»
La straordinaria storia di Federico Franceschin, storico leader della Pallacanestro Trieste, che nella malattia si è visto stringersi attorno tutto il mondo del basket. A cominciare da una leggenda della Nazionale. Con il Centro NeMo di Trento a curarlo

Per combattere la Sla, ci vuole “Fede” e in questo caso “Fede” è Federico Franceschin. Ex cestista, classe 1971, ruolo playmaker, cresciuto nelle giovanili della squadra della sua città, la Stefanel Trieste. A 17 anni era una promessa del basket e la leggenda azzurra Dino Meneghin, arrivato a Trieste per chiudere la sua gloriosa carriera, mise Federico sotto la sua grande ala. «Scheda del play Franceschin? Veloce di pensiero e di mano, specialista dell’assist, passaggio no-look, e del tiro da 3 punti, ottima tecnica e fantasia da vendere. Unico limite: troppo basso per la Serie A, appena 184 centimetri», dice il suo grande amico e primo “tifoso”, Filippo Carbonera che ha giocato anche nel Caorle di capitan Franceschin, «già, facevo l’11° uomo». A Caorle, è stata l’ultima tappa da giocatore di Federico che ha fatto della sua passione per il basket un mestiere. Protagonista assoluto sui parquet di serie B e C, girovagando per mezza Italia ovunque ha lasciato il segno per il suo stare in campo con senso di responsabilità e spirito generoso. Così è passato a Roseto, Mesagne, Vicenza, Pavia, San Donà di Piave, Mestre e Gorizia. E qui, a Gorizia, con Federico giocava anche Alberto Tonut, triestino, classe 1962, 88 presenze in Nazionale, papà dell’azzurro dell’Olimpia Milano Stefano Tonut, 32 anni, cresciuto nelle giovanili dell’Azzurra Trieste, per poi spiccare il volo dalla Falconstar Monfalcone con Franceschin suo allenatore.

E i Tonut, ora, assieme a Carbonera, hanno un ruolo importante nella seconda vita di Federico che, dopo il basket giocato ha dovuto dire addio anche alla sua mission di coach, perché nel dicembre 2022, quando allenava i friulani del Codroipo si sono presentati i primi sintomi della malattia. Ad agosto 2023 è arrivata la diagnosi, impietosa: Sla, Sclerosi laterale amiotrofica. Un colpo che piega le gambe del capitano ma non il suo spirito, che è quello del cuore impavido che per resistere si affida subito alle cure del Centro NeMo di Trento, eccellenza nella cura delle malattie neuromuscolari. «Da noi Federico è arrivato a gennaio 2024 e ancora camminava e parlava autonomamente. Ora la malattia sta avanzando e una volta al mese lo sottoponiamo a cicli di fisioterapia intensiva che serve a rallentare il corso della Sla», spiega il direttore clinico di NeMo Trento dottor Riccardo Zuccarino: un globetrotter della medicina, rientrato dall’esperienza americana nello Iowa per portare avanti questa importante missione scientifica. «Qui al NeMo, oltre a Franceschin si sono rivolti anche altri sportivi. La nostra terapia punta molto sull’aspetto psicologico – continua Zuccarino –. Sappiamo che gli atleti che hanno fatto del loro corpo la ragione principale della propria vita professionale si ritrovano di colpo a fare i conti con una malattia come la Sla che a livello mentale è come se gli togliesse definitivamente il senso della loro esistenza. Spesso i malati si ritrovano in uno stato di abbandono e di isolamento, ma qui lavoriamo anche su questo fronte, sul farli sentire accolti e sulla possibilità di affrontare assieme un ostacolo come la Sla».
Oltre al NeMo di Trento a non far sentire mai solo Federico e la sua famiglia (la moglie Francesca e i figli Niccolò e Noemi di 14 e 12 anni), ci sono gli amici e i compagni di squadra di sempre, come Filippo. «Con Alberto e Stefano Tonut, Davide Sussi ex capo allenatore all’Orlandina, Alessandro Guidi, allenatore della Nazionale Under 15, Alessandro Busetti, Fulvio Ianco e Michele Cannata, abbiamo costituito il comitato “Insieme per Fede” che opera volontariamente per far conoscere la storia di Franceschin e per informare e sensibilizzare il più possibile le persone sulla Sla e sulle problematiche da affrontare quando si presenta». L’informazione scientifica è migliorata con l’apertura a Trieste dello Sportello informativo dedicato alla disabilità, mentre il record di sensibilizzazione a è stato stabilito il 20 aprile scorso quando per il loro “Tucano” (il soprannome di Federico per via del naso pronunciato) gli amici di “Insieme per Fede” all’Allianz Dome della sua città hanno chiamato a raccolta 6mila tifosi. In tanti quel giorno hanno affollato il PalaTrieste, dedicato al genius loci della pallanuoto e del basket Cesare Rubini, per la gara di Serie A1 Pallacanestro Trieste-Dolomiti Trento. Prima del fischio d’inizio sugli spalti sono apparsi 6mila cartoncini con su scritto “Forza Fede”, poi è stato srotolato lo striscione “Forza tucano, figlio del vento”, un drappo pieno d’amore esposto anche dalla Curva dei tifosi trentini.

Gli amici di Fede sono una fucina di eventi a sostegno del loro “Tucano” e non solo. «Con Federico appena è stato creato il Comitato abbiamo detto che il nostro obiettivo sarà aiutare, per quanto è nelle nostre possibilità, anche quelle persone che soffrono di altre patologie, come Sebastiano: un ragazzo di Trieste di 19 anni affetto da Sma che si è messo in contatto con noi tramite sua mamma». I giovani sono la grande passione di Federico che nelle lunghe ore delle sue giornate accende il puntatore per comunicare con il mondo esterno e il video per lavorare ancora da talent scout visionando i filmati di ragazzi che vorrebbero entrare nel settore giovanile della Pallacanestro Trieste. «Il 5 e il 6 gennaio a Trieste alcuni di quei ragazzi, appartenenti alle società di Sesana, Capodistria, Iadran Trieste, Gorizia, Pallacanestro Trieste e Servolana, potrebbero scendere in campo nel torneo internazionale dedicato agli under 14 che in onore di Federico abbiamo chiamato la “Coppa Tucano” », informano da “Insieme per Fede”. Un premio andrebbe già assegnato a tutti quei ragazzi Under 19 e 17 di tutti i campionati senior regionali, maschili e femminili, che lo scorso campionato, su iniziativa del Comitato Regionale del Friuli Venezia Giulia e del suo presidente Giovanni Adami, ha lanciato la campagna “Stoppiamo Insieme la Sla”. «Hanno devoluto un euro per ogni tiro da tre punti realizzato per tutto il girone di ritorno in ogni singola gara dedicata alla lotta alla Sla. Dei fondi raccolti metà sono andati ad AiSla (l’Associazione italiana Sclerosi laterale amiotrofica) mentre l’altra metà vogliamo vincolarla per il futuro in favore del Centro NeMo di Trento con il quale stiamo lavorando per avere un ambulatorio coordinato dal dottor Zuccarino per un consulto, almeno settimanale, qui a Trieste: perché per Federico come per ogni altro malato di Sla fare in auto Trieste-Trento, 700 km tra andata e ritorno, sta diventando molto impervio sia dal punto di vista fisico che organizzativo».
Ma il Capitano non si ferma davanti a nessun ostacolo. «A ogni incontro con Fede che è sempre una festa e una grande lezione di vita, ci salutiamo con il nostro motto: “Viso al vento e sguardo all’orizzonte... e andemo avanti” – continua Filippo Carbonera – . Federico non considera Sla come una nemica da combattere, da uomo saggio sa che è una guerra impari; anzi, spesso dice: “La Sla va accettata, devo imparare a conviverci, perché solo così posso comprendere i diversi aspetti della malattia”. Così, in questi ultimi giorni ha affrontato gli spasmi con la consapevolezza che non deve mai cedere perché, dice rassicurando tutti: “Sono solo dei tremori, poi passano”». A non passare (e per fortuna) è l’onda emotiva e solidale che quotidianamente entra in casa Franceschin, a cominciare dai saluti del presidente dei Giochi Invernali di Milano-Cortina 2026 Giovanni Malagò e di tutto il mondo del basket che si è fatto vivo con il presidente della Federpallacanestro Gianni Petrucci e con i videomessaggi dei campionissimi come il triestino “Poz” Gianmarco Pozzecco, Dino Meneghin, Antonello Riva, Pierluigi Marzorati, i coach Dan Petersone e Ettore Messina... E la lista comprenderebbe almeno tre quarti del campionato italiano che costantemente invita il “Tucano” a “non mollare mai”.
«Fede c’è sempre – dice Filippo con un filo di commozione –. Il suo sguardo sulla vita lo porta a voler essere presente a ogni piccolo o grande evento che organizziamo. Lui ragiona come Nelson Mandela quando nel film Invictus dice: “Io sono il capitano della mia anima”. E quella, l’anima bella e generosa di sempre, lo spinge a lottare per sé, per la sua famiglia, per noi amici, ma soprattutto per tutti quei malati che, grazie al suo esempio, trovano ogni giorno un filo di speranza in più nel futuro».
Non sei ancora iscritto alla newsletter settimanale di "è vita"? Se vuoi riceverla gratuitamente, clicca qui per registrarti ad Avvenire.it e poi abbonarti, oppure entra direttamente con le tue credenziali nella pagina delle newsletter per iscriverti.
© RIPRODUZIONE RISERVATA






