mercoledì 11 novembre 2015
Non è reato selezionare gli embrioni sani rispetto a quelli malati, ma resta il divieto di distruzione per quelli scartati. Schiaffo alla legge 40. Le reazioni. (Emanuela Vinai)
EDITORIALE Embrioni «scartati», un gelido destino di Roberto Colombo
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Non è reato selezionare gli embrioni sani rispetto a quelli malati, ma resta il divieto di distruzione per quelli scartati che non saranno impiantati. Una sentenza duplice quella con cui la Corte Costituzionale oggi ha assestato un nuovo schiaffo alla Legge 40/2004 ritenendo fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale ordinario di Napoli, secondo cui l’articolo 13 della legge 40 - che prevede la sanzione penale per il medico che consenta il trasferimento nell’utero della donna dei soli embrioni sani o portatori sani di malattie genetiche - violerebbe gli articoli 3, sotto il profilo della ragionevolezza, e 32 della Costituzione. La decisione dei giudici è la diretta conseguenza dalla sentenza che la Consulta stessa ha emesso nei mesi scorsi, in cui aveva bocciato la Legge 40 nella parte in cui non consentiva il ricorso alle tecniche di procreazione assistita a quelle coppie fertili portatrici, però, di malattie genetiche “al fine esclusivo della previa individuazione di embrioni cui non risulti trasmessa la malattia del genitore comportante il pericolo di rilevanti anomalie o malformazioni (se non la morte precoce) del nascituro”. Con la deliberazione odierna dunque decade il reato di selezione degli embrioni in base alla loro risposta positiva ai test che individuano patologie genetiche, permettendo l’impianto di quelli soli classificati come idonei. Contestualmente però la Consulta ha dichiarato non fondata la seconda questione di legittimità riguardante la sanzione penale prevista per la “soppressione” di embrioni. La Corte ha specificato che “la malformazione non ne giustifica solo per questo, un trattamento deteriore rispetto a quello degli embrioni sani” e ha ricordato l’esigenza di tutelare la dignità dell’embrione, che “non è certamente riducibile a mero materiale biologico”. Numerose le reazioni alla notizia “Decretare che è un diritto dei genitori decidere quale dei loro figli possa nascere, è un’ipotesi sconvolgente” ha commentato Paola Ricci Sindoni, presidente dell’Associazione Scienza & Vita. Per Gian Luigi Gigli, presidente del Movimento per la Vita Italiano e capogruppo di ‘Per l’Italia-Centro Democratico’ in Commissione Affari Costituzionali: “Con la sentenza della Corte Costituzionale la ‘cultura dello scarto’ compie un altro passo avanti in Italia inserendo definitivamente i principi dell’eugenetica nell’ordinamento italiano”. Di “discriminazione” parla Paola Binetti (Ap) che sottolinea che “questa decisione contraddice l’art. 2 della Costituzione”, mentre Eugenia Roccella (Ap) esprime “sconcerto” per l’apertura “all’eugenetica” ma evidenzia il ribadito “divieto di soppressione degli embrioni”.  Olimpia Tarzia, Presidente del Movimento PER, avverte che “la distinzione tra esseri umani di serie A e di serie B rappresenta un passo gravissimo di selezione eugenetica”.
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