lunedì 27 settembre 2021
77,28% di Sì, 22,72% di No: a San Marino il referendum ha visto vincere la proposta di liberalizzare l'aborto sino alla 12esima settimana, e anche oltre in alcuni casi, in teoria sino alla nascita
Un gazebo della campagna per il Sì

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Col 77,28% dei Sì, a San Marino è passata la richiesta popolare di una riforma dell’attuale legge sull’aborto che oggi limita fortemente l’accesso. Ora tocca alle istanze legislative della Repubblica redigere entro sei mesi una legge in linea con il quesito sottoposto al referendum, nel quale si chiedeva se i cittadini sammarinesi fossero d’accordo «che sia consentito alla donna di interrompere volontariamente la gravidanza entro la 12esima settimana di gestazione, e anche successivamente se vi sia il pericolo per la vita della donna o se vi siano anomalie e malformazioni del feto che comportino grave rischio per la salute fisica o psicologica della donna».

A votare No è stato il 22,72% di chi si è recato alle urne, una partecipazione del 41,11% degli aventi diritto (14.558 votanti, con 708 schede giunte da residenti all’estero) in linea con precedenti consultazioni. La nuova regolamentazione dell’aborto compete all’organo legislativo, che ha piena libertà decisionale ma che davanti a un esito tanto chiaro difficilmente potrà discostarsi dal mandato della maggioranza dei cittadini. Quel che dovrà fare, comunque, è sciogliere alcuni importanti nodi lasciati dal quesito.

Primo tra tutti il termine massimo per abortire nelle circostanze previste per farlo dopo le 12 settimane: la mancata indicazione di un limite (nella legge 194 italiana è indicato nella possibilità di «vita autonoma del feto», ovvero attualmente le 21-22 settimane di gravidanza) apre in teoria alla possibilità di abortire fino al nono mese, con l’ipotesi tra l’altro di creare dunque dentro il territorio italiano un porto franco dell’aborto libero. Altra questione da dirimere è l’aborto selettivo, oggetto di acceso confronto durante la campagna referendaria: il quesito infatti apre alla legalizzazione della soppressione sistematica dei bambini Down o portatori di altre anomali non certo incompatibili con una vita pienamente degna. Resta anche il tema del numero di aborti, assunto ovviamente che i sostenitori del Sì abbiano come obiettivo non certo il loro ampliamento: sinora ad abortire negli ospedali della Romagna e delle Marche era un numero assai esiguo di donne sammarinesi (9 in tutto nel 2019). Come pensano le autorità del Titano di evitare che la legalizzazione segni un’esplosione degli aborti inviando un messaggio di "facilità" per una pratica comunque sempre drammatica, da qualunque punto di vista la si consideri? Infine c’è la questione del sostegno alla maternità, cavallo di battaglia del Comitato Uno di noi per il No: se – come in Italia – gli aborti sono perlopiù motivati da problemi economici, la loro legalizzazione completa sembra esentare la Repubblica dal pensare a misure di sostegno alla natalità, che anche sul Titano segna numeri da pieno inverno. La partita sull’aborto a San Marino, in altre parole, è tutt’altro che chiusa.
Come informa una nota delle autorità sammarinesi, tecnicamente ora la Reggenza della Repubblica, ricevuto il progetto di legge, lo trasmetterà al Collegio Garante della costituzionalità delle norme perché si esprima sulla compatibilità della proposta. Il Congresso di Stato, apportati eventuali emendamenti, depositerà il progetto di legge all'Ufficio di Presidenza del Consiglio Grande e Generale che lo inserirà all'ordine del giorno della prima seduta utile. «L'importante affluenza – ha dichiarato Elena Tonnini, Segretario di Stato per gli Affari interni – conferma l'attenzione dei sammarinesi per lo strumento del referendum con la differenza che, in questa occasione, si è chiesto alla cittadinanza di esprimersi su un unico quesito mentre nel recente passato i quesiti erano due o più. L'esito referendario, il grande divario tra sì e no evidenzia che i sammarinesi hanno le idee chiare sul tema dell'interruzione di gravidanze».
Ha vinto l’istanza libertaria, che ha fatto perno sulla conquista dei "diritti civili". Ma la questione dei diritti reali delle donne, dei bambini e delle famiglie resta tutta da definire.

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