martedì 10 giugno 2025
Il bene assoluto della vita è stato declassato a valore relativo: benessere, salute e libertà l’hanno declassata. Ma anche chi crede di essere senza valore non "conta meno". Così ce lo ricorda il Papa
Il Papa accarezza un bambino prima della Messa di Pentecoste in piazza San Pietro

Il Papa accarezza un bambino prima della Messa di Pentecoste in piazza San Pietro - Ansa

COMMENTA E CONDIVIDI

Quanto vale una vita? Tanto, tutto. L’evidenza di ciò che ci dicono la ragione e il cuore non ammette deroghe: nulla può relegare la vita di chiunque e nostra al di sotto di qualsiasi altro preteso valore. Perché senza vita che me ne faccio di tutto il resto?
Eppure, attorno a noi è tutto uno sbracciarsi per affermare che “ben altro” conta, al punto da porlo come nuova materia prima desiderabile per vivere felici e realizzati, finendo per farlo competere con la stessa vita come nuovo principio assoluto. Non si pone tanto un’affermazione di principio (chi saprebbe dimostrarci credibilmente che la vita “vale meno”?) ma un determinismo dei dati di fatto. Se successo, sicurezza, benessere, determinazione di sé, affermazione delle proprie attese a prescindere dal bene di tutti, assumono il controllo delle scelte individuali sino a forgiare la stessa coscienza collettiva, la struttura di valori che regge la nostra convivenza vede trasformarsi progressivamente priorità e connotati. Sino a farci scoprire che non c’è più molto di condiviso perché indiscusso.

Senza essercene accorti, ci siamo visti declassare la vita a bene tra gli altri. Quando resta confusa nel gruppone dei beni eventuali e trattabili la società varca la soglia di Babele, lasciando alla libera contrattazione pubblica la decisione su quel che svolge il compito di centro gravitazionale pro tempore. Attenzione: non si tratta solo della vita biologica, assoggettata alla libertà di scegliere se darla o toglierla come suprema e definitiva affermazione del primato della volontà su tutto. L’estendersi delle campagne per legittimare eutanasia, aborto e suicidio assistito come affermazione di “diritti della persona”, quasi che chi dubita di questa loro natura tutta in positivo fosse nemico della libertà, esemplificano in modo eclatante il deprezzamento della vita come valore in sé. Nel mondo reso mercato, dove tutto si misura e si giudica sul suo valore relativo, è la nostra vita tutta intera a trovarsi discussa, come se le mancasse sempre un aggettivo per potersi dire davvero preziosa.

Facciamoci caso: vedere compromessa la salute, messo in discussione il proprio status sociale, vanificati i sogni di “farcela”, allontanarsi un traguardo di qualche prestigio, avanzare l’età e retrocedere l’efficienza fisica non si risolve forse sempre più automaticamente in un ridimensionamento del valore della propria stessa vita? Che questa si ritrovi subalterna alla libera scelta su come e quando concluderla, e sul dovere dello Stato di erogare anche la morte tra i servizi della pubblica sanità, diventa a questo punto semplicemente un effetto collaterale di un fenomeno ben più vasto e profondo, che rende i suoi esiti pressoché indiscutibili: guai a opporsi.

Al valore che la vita assume oggi ha fatto riferimento Leone XIV quando, nella catechesi all’udienza generale di mercoledì ha offerto un’originale lettura della parabola evangelica del “padrone della vigna” che esce a intervalli di tre ore per reclutare lavoratori a giornata, tornando sulla “piazza del mercato” della vita sino a quando si approssima ormai il tramonto. Per chi ha atteso la sua occasione sin dall’alba pareva già finita, un triste destino di “scarto” che pareva ormai irreversibile. Invece «questo padrone instancabile, che vuole a tutti i costi dare valore alla vita di ciascuno di noi, esce anche alle cinque». E mostra ai delusi, agli sconfitti, agli svalutati e a tutti quelli che sono entrati senza averlo deciso nel numero crescente degli sconfitti, dei sofferenti e dei “difettati”, che «qualcuno ha creduto ancora in loro».

«A volte – traduce il Papa – abbiamo l’impressione di non riuscire a trovare un senso per la nostra vita: ci sentiamo inutili, inadeguati, proprio come gli operai che aspettano sulla piazza del mercato, in attesa che qualcuno li prenda a lavorare». L’esistenza di ciascuno scorre e, al cospetto di una cultura diffusa che esalta la libertà deprezzando la persona umana così com’è, lievita l’impressione che è la vita stessa ad aver perso valore nelle quotazioni sociali. Nel mondo espugnato da una logica individualista, mercantile e consumista «purtroppo si compra e si vende anche l’affetto e la dignità», per ricavarne non tanto un ritorno economico ma il potere ideologico o culturale, l’affermazione di un principio alternativo che detronizzi definitivamente la vita umana dal suo ruolo di bene sottratto al fixing dei valori. L’effetto è inquietante, ma sotto i nostri occhi: «Quando non ci si sente apprezzati, riconosciuti, si rischia persino di svendersi al primo offerente». Ci si arrende: fate di me ciò che volete, per quel che valgo...

Ma anche quando tutt’attorno sentiamo dire che la vita dell’ultima ora vale quasi niente resta vero che c’è sempre qualcuno pronto a ricordarci la nostra dignità infinita, anche quando scende la sera dell’indifferenza. Eccolo arrivare, il custode fedele di ciò che siamo, il “padrone della vigna”, per dirci a ogni ora del giorno che «la nostra vita vale». Qui le parole del Papa assumono quel ritmo tutto positivo e incoraggiante che stiamo imparando a conoscere, e che è evidentemente il suo stile umano e spirituale impresso in un “magistero della speranza”: «Anche quando ci sembra di poter fare poco nella vita ne vale sempre la pena. C’è sempre la possibilità di trovare un senso, perché Dio ama la nostra vita».

Non c’è bisogno di battaglie ideologiche contro una cultura che ha issato la libertà oltre la vita: «Dio ama la nostra vita». Serve dire altro? Questo “padrone” che ama tutti gli esseri umani allo stesso modo, sempre, ci dice che «è giusto che ognuno abbia ciò che è necessario a vivere», perché «conosce la loro dignità e in base a essa vuole pagarli». Con un denaro, lo stesso per tutti. Sul mercato della vita può sembrare niente: ma Dio gli aggiunge tutti gli zeri che servono a farne un patrimonio di eternità.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: