mercoledì 25 settembre 2013
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Non conoscere il volto di una madre. Non sapere perché ha preso la decisione di metterti al mondo e di non volerti mai incontrare. La questione è: quanto questa drammatica situazione può segnare la vita di un bambino? Come può interagire col suo sviluppo psicologico, con le sue paure, le sue patologie, la sua capacità di amare? «Moltissimo, certo. Ma anche in nessun modo». Fulvio Scaparro, psicoterapeuta con una lunga esperienza in psicologia dell’età evolutiva e un passato da giudice onorario al Tribunale per i Minorenni di Milano, vuole spostare il punto focale del dibattito.Cosa pensa di questo scontro fra diritti?Quando sento parlare di diritto e di diritti nel campo delle relazioni familiari resto sempre molto perplesso. Perché in queste relazioni le cose sono molto più complicate: di mezzo c’è la vita reale, nella sua quotidianità.E nella vita reale cosa succede quando non si ha la possibilità di conoscere i propri genitori naturali?La verità è che genitore si diventa sul campo, proprio in quella quotidianità, vivendo accanto a un figlio giorno dopo giorno. Ecco perché in questo caso “genitori” sono – e saranno per sempre – quelli adottivi. I figli non riconosciuti non sono orfani: hanno avuto dei genitori che Ii hanno seguiti passo dopo passo nella loro crescita. Il punto è un altro, credo.Quale?Se in questo percorso quei figli sono stati aiutati dai loro genitori a conoscere la loro storia, a sapere come sono venuti al mondo e perché qualcuno ha rinunciato a loro. La domanda sulle proprie origini è la cosa più normale che esista: tutti – anche chi non è stato abbandonato – a un certo punto abbiamo chiesto ai nostri genitori "ma io come sono nato?", "perché mi avete messo al mondo?". Questo è il momento chiave: è qui che un genitore deve essere aperto e sincero.Quindi il segreto è parlare coi bambini?Assolutamente sì. E farlo il prima possibile: nella maggior parte dei casi i figli che rivendicano il diritto a conoscere i propri genitori naturali sono venuti a sapere della loro adozione in modo traumatico, improvviso e addirittura choccante. D’altra parte quando si invoca una diritto significa che ci si sente ostacolati nel fare qualcosa. Ma che ostacolo può esistere in una famiglia dove un genitore ha sempre detto la verità al proprio figlio adottivo, assecondando le sue domande e curiosità, in certi casi per esempio permettendogli di visitare il Paese da cui proviene? Se verrà garantito un diritto per legge bene, ma io mi auguro che nelle famiglie si lavori perché quel diritto sia già garantito.
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