sabato 19 gennaio 2019
80mila aborti: sempre tanti, troppi, ma il 4,9% in meno in un solo anno, mentre cresce l'incidenza di quelli farmacologici e gli obiettori restano stabili. Sono i dati ministeriali sulla 194 nel 2017.
Meno aborti, più Ru486. E l’obiezione non è un problema
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L’obiezione di coscienza? Non è un problema, anche perché il tasso di medici obiettori è sempre uguale e gli aborti sono in rapido calo. L’affermazione non è di qualche associazione pro-life ma del Ministero della Salute, che confermando le rilevazioni condotte dal 2013 e basate su parametri di calcolo specifici (i carichi di lavoro settimanale per medico obiettore e la diffusione dei "punti Ivg" rispetto ai "punti nascita") ha concluso che «non si evidenziano particolari criticità nei servizi» di interruzione volontaria di gravidanza. La constatazione è uno dei dati salienti dell’annuale relazione al Parlamento sull’attuazione della legge 194 depositata in Parlamento il 18 gennaio – con solo qualche giorno di ritardo rispetto all’anno precedente – dal Ministero della Salute. Ed è tanto più significativa visto che la relazione sui dati completi del 2017 è la prima firmata dal nuovo ministro Giulia Grillo (M5s), di orientamento e sensibilità diversi rispetto a colei che l’ha preceduta, Beatrice Lorenzin. La conferma che gli obiettori non sono "troppi", come insiste a dire una tenace campagna d’opinione, arriva dunque dalla fonte più autorevole, e insieme a un dato medio nazionale stabile (al 68,4% tra i ginecologi) dovrebbe chiudere la polemica che però intanto ha già legittimato la decisione da parte di alcune Regioni come di singole Asl di spostare l’aborto farmacologico dalla gestione con ricovero a quella in day hospital, e persino cause in sede europea e l’indizione di concorsi per ginecologi ospedalieri riservati ai soli medici non obiettori.

Cresce l'uso della pillola abortiva

Il nesso con la somministrazione della Ru486 è evidente, tanto più che – altro dato significativo della relazione ministeriale – il metodo farmacologico sta guadagnando rapidamente terreno rispetto a quello chirurgico attestandosi nel 2017 al 17,8% dei casi (5% in più in soli tre anni, per una pratica entrata negli ospedali italiani solo nel 2010).

Meno nascite, meno aborti

Un’incidenza dunque in rapida crescita su un numero totale di aborti in continuo calo: con le 80.733 interruzioni di gravidanza del 2017 (-4,9% sul 2016) si è toccato il nuovo minimo storico (stiamo comunque parlando della popolazione di una città italiana di medie dimensioni come Varese), ma con nascite che seguono lo stesso trend ribassista (458.151, e come sappiamo l’inverno demografico sta continuando a colpire). Da considerare però anche due altri dati significativi: il tasso di abortività (interruzioni per mille donne in età fertile) diminuisce ma meno del dato assoluto (la cifra è di 6,2, pari a un calo del 3,3%); un andamento assai simile al rapporto di abortività (interruzioni per mille nati vivi), pari a 177,1 con una diminuzione in un anno del 2,9%.

Boom dei "contraccettivi d'emergenza"

Sul calo degli aborti, conferma il Ministero, ha inciso la crescente e ormai massiccia diffusione della cosiddetta "contraccezione d’emergenza", della quale sono note – ma largamente misconosciute, e dunque negate – le potenzialità abortive su concepimenti appena avvenuti: si tratta, spiega la relazione, di «Levonorgestrel (Norlevo) – pillola del giorno dopo – e Ulipistral acetato (ellaOne) – pillola dei 5 giorni dopo, che non hanno più l’obbligo di prescrizione medica per le maggiorenni, e quindi richiedono una maggiore informazione alle donne per evitarne un uso inappropriato», annotazione quest’ultima molto significativa e sulla quale c’è dunque da attendersi una maggiore sensibilità delle autorità sanitarie rispetto alle citate decisioni in sede regionale che vanno invece nella direzione di diffondere semmai più largamente farmaci comunque dall’elevato contenuto ormonale e con effetti deresponsabilizzanti sulle condotte in particolare dei più giovani.

Tante straniere, poche minorenni

Gli aborti di donne non italiane sono ormai stabilmente attorno a un terzo del totale (30,3% di tutte le interruzioni contro il 30 del 2016) ma con un tasso di abortività in calo (15,5), comunque più del doppio del dato globale e il triplo rispetto alle sole donne italiane. Si conferma anche la scarsa incidenza rispetto ad altre realtà europee e occidentali degli aborti di minorenni, diminuiti fino a 2,7 casi per 1000 ragazze (un punto in meno in soli tre anni). L’eccezione italiana viene annotata anche dal Ministero, un elemento che andrebbe ricordato quando Regioni e istituzioni scolastiche introducono i contraccettivi gratis per i ragazzi lamentando una dilagante piaga di gravidanze indesiderate e conseguenti aborti.

Obiettori stabili

I dati sull’obiezione di coscienza – 1,2 interruzioni a settimana per medico non obiettore – si combinano con la diminuzione dei tempi di attesa tra rilascio del certificato e intervento: l’Ivg è stata effettuata entro 14 giorni nel 68,8% dei casi rispetto al 66,3 del 2016 (e ben 10 punti in più in soli 6 anni), con quasi la metà degli aborti entro le prime 8 settimane (48,9%, due punti percentuali in più in un solo anno e ben 7 in cinque anni) mentre il 5,6% oltre la 12esima equivale a un lieve aumento che conferma il trend degli ultimi anni (3,8% nel 2013).

La metà di chi abortisce lavora

Un quarto delle donne che abortisce aveva già attraversato questa drammatica esperienza nel suo passato (ma il dato è in diminuzione), mentre la classe di età nella quale si registra la maggiore incidenza di aborti è tra i 25 e i 34 anni. Il profilo socio-demografico si completa con le cifre che riguardano il titolo di studio (il 46,7% delle italiane ha licenza media superiore), l’occupazione (sempre tra le italiane il 46,9% lavora, contro il 37% delle straniere), lo stato civile (il 59,4% delle italiane è nubile) e maternità (il 44% delle italiane non aveva figli).

Ora "aborto zero"

Il Ministero della Salute, infine, si impegna a «identificare i determinanti di natura sociale» che inducono ancora ad abortire e «a sostenere la donna e/o la coppia nella scelta consapevole, nella eventuale riconsiderazione delle motivazioni alla base della sua scelta, aiutarla nel percorso Ivg ed a evitare future gravidanze indesiderate ed il ricorso all’Ivg». È la consapevolezza che occorre lavorare per ridurre a zero gli aborti. Farlo a partire da una condivisa verità dei fatti è la premessa indispensabile per un obiettivo che non può non stare a cuore a tutti rispetto a quella che resta una scelta drammatica.

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