
Il primo numero di "è vita", nel febbraio 2005
«Si può ragionare dando torto alla realtà?». Per anni, questa domanda evidentemente retorica ha accompagnato ogni settimana la lettura di “è vita”, la sezione di Avvenire dedicata all’informazione sulla bioetica, la salute e la cura che compie vent’anni esattamente come il referendum sulla procreazione medicalmente assistita. Anzi, ha qualche settimana in più, avendo esordito nelle pagine del nostro quotidiano il 13 febbraio 2005, ovvero all’indomani dell’annuncio da parte della Corte costituzionale che di lì a pochi mesi gli italiani sarebbero stati chiamati a dire se la legge 40, varata appena un anno prima, era da custodire o rigettare. Quella consultazione – esattamente vent’anni fa oggi – diede un esito inequivocabile.
Ma il fallimento dei quesiti, col rilancio della ratio e del dettato della legge, non fu il risultato dell’indifferenza o del disimpegno: tutto il contrario. E qui entra in gioco l’idea di “è vita”: compiere attraverso le pagine di Avvenire un’opera di informazione di base (e di profondità) sugli aspetti etici, giuridici, medici, scientifici e antropologici della filiazione e della genitorialità nell’era della sua realizzabilità per via tecnologica. Il nuovo paradigma che rendeva il figlio (anche) un prodotto di laboratorio metteva di fronte la società a interrogativi inediti, e anzitutto imponeva di chiedersi cosa andasse messo al sicuro della nostra umanità. Da questa consapevolezza nacque una iniziativa editoriale che, settimana dopo settimana, ha cercato di diffondere la consapevolezza della sfida che la procreazione artificiale e la tutela della vita nella sua piena dignità sin dal concepimento poneva alle coscienze. A cominciare da quelle dei credenti. L’impresa, nata per arrivare sino al referendum, mostrò strada facendo che si era intercettata una domanda vastissima: di conoscere, capire, affrontare questioni epocali, cercare risposte, elaborare giudizi, con la piena libertà di una informazione trasparente che aveva (e ha) il solo obiettivo di affermare la vita umana come bene indisponibile, pietra angolare della comunità civile, dello Stato e della stessa democrazia. Una battaglia di laicità, a ben vedere, per la quale si scelse come simbolo e sintesi una domanda semplice ma dirimente: si può ragionare dando torto alla realtà? È pensabile ignorare il dato di fatto della vita così come ci si presenta sin dal primo palpito, nella sua piena ed evidente umanità?
La campagna referendaria impresse uno slancio anche a “è vita”, che è rimasta per vent’anni fedelmente al suo posto, al servizio dei lettori, garantendo sempre nei diversi assetti editoriali e grazie al convinto impegno dei direttori che si sono succeduti (Dino Boffo, Marco Tarquinio e ora Marco Girardo), un presidio informativo libero e documentato, chiaro nelle posizioni ispirate al magistero della Chiesa e aperto a tutto ciò che la realtà (cui non si può dare mai torto...) propone a cadenza quotidiana. Proprio questo impegno di assoluta lealtà verso la vita e i fatti ci ha spinti lungo questi vent’anni a occuparci di tutte le notizie che interpellano ciò che di più profondo c’è nella nostra umanità: concepire una nuova vita, nascere, curare, fare ricerca, morire... La gratitudine che oggi ci colma il cuore va a voi lettori, della prima ora o degli ultimi tempi, e a tutti quelli che in questi anni hanno contribuito con il loro talento giornalistico, giuridico e scientifico a offrire sempre e in ogni formato (carta, sito web, newsletter...) un servizio alla vita umana, in ogni suo momento, e soprattutto quand’è più vulnerabile. Ne vale certamente la pena, oggi anche di più.