sabato 8 febbraio 2020
Se le indicazioni adottate dal Cnb italiano sulle scelte di fine vita per i bambini fossero state in vigore in Inghilterra, i casi di Charlie Gard e Alfie Evans si sarebbero conclusi in modo diverso.
Palloncini, fiori e peluche davanti all'ospedale di Liverpool nell'aprile 2018 dopo la morte di Alfie Evans

Palloncini, fiori e peluche davanti all'ospedale di Liverpool nell'aprile 2018 dopo la morte di Alfie Evans

COMMENTA E CONDIVIDI

Le vicende di Charlie Gard e Alfie Evans non sarebbero arrivate in un tribunale se si fosse seguito il metodo indicato dal Comitato nazionale per la bioetica (Cnb) nella sua mozione – approvata con una sola astensione – su «Accanimento clinico o ostinazione irragionevole dei trattamenti sui bambini piccoli con limitate aspettative di vita», approvata lo scorso 30 gennaio e resa nota venerdì 7 febbraio. Il testo affronta un argomento estremamente delicato – i trattamenti adeguati a un bambino piccolo che si sta avviando a morire – e lo fa a partire dalla preoccupazione di una possibile ostinazione irragionevole nelle cure, cioè la possibilità che anziché dare beneficio e sollievo al bimbo gli si procuri danno e sofferenza ulteriore. Un tema su cui il Cnb italiano ha voluto soffermarsi dopo Charlie Gard e Alfie Evans, ma non solo: forti sono state le sollecitazioni di pediatri e neonatologi che vivono quotidianamente la drammaticità di certe decisioni, per il fattore umano innanzitutto, ma anche per le conseguenze giuridiche, visto il numero crescente di contenziosi in cui vengono coinvolti.
Lo strumento utilizzato dal Cnb è la mozione, cioè un documento sintetico con lo scopo di dare indirizzi sull’argomento, e non un parere articolato per distinguere le scelte possibili. Il tema è ben noto agli addetti ai lavori, e fin dall’inizio è parso chiaro che il criterio da adottare è quello del massimo interesse del bambino, da stabilirsi caso per caso. Il problema nel merito della definizione del massimo interesse si può analizzare entrando nel contesto valoriale e culturale delle grandi tematiche del fine vita o delle situazioni di gravi fragilità; argomenti che il Cnb ha già toccato in diversi documenti come «I grandi prematuri. Note bioetiche» (febbraio 2008), e «Cura del caso singolo e trattamenti non validati ("uso compassionevole")» (febbraio 2015). Gli aspetti coinvolti sono tali e tanti da richiedere ciascuno uno studio dedicato. Il Comitato ha scelto di lavorare sul metodo: la mozione è una road map per escludere cure sproporzionate e dannose, sostenendo e rafforzando la relazione di fiducia fra medici e familiari del piccolo, lasciando il ricorso al giudice come extrema ratio, da evitare in ogni modo. In 12 punti si raccomanda di attenersi a dati scientifici certi, oggettivi, misurabili per quanto possibile – anche il dolore e la sofferenza – senza tenere conto di aspetti economici, e attuare sempre decisioni condivise fra medici e familiari.
A questo scopo il Cnb chiede l’istituzione per legge di comitati etici per la clinica, da consultare per aiutare la valutazione dei casi, ma chiede anche la possibilità di coinvolgere persone di fiducia dei genitori, se questi le richiedono, per dare più tempo e spazio di riflessione, per meglio individuare limiti e possibilità di trattamenti, e capire se e come iniziarli, mantenerli o sospenderli. I genitori e i medici devono poter domandare altri pareri, oltre quello dell’équipe curante, e quando si prospettano percorsi diversi di cura va garantita sempre la possibilità di scelta ai genitori, ferma restando l’autorevolezza scientifica di tutti gli esperti interpellati. Se questo fosse stato il criterio seguito per Charlie e Alfie, i loro genitori avrebbero potuto scegliere i medici curanti senza ricorrere ai giudici, trasferendo i piccoli in strutture diverse da quelle in cui erano stati ricoverati, strutture egualmente valide dal punto di vista medico e scientifico.
Massima trasparenza e accessibilità viene richiesta per le cartelle cliniche dei piccoli, perché la valutazione sia la più documentata possibile. Dal giudice si va solo in ultimo, se tutti questi tentativi sono falliti, e comunque i genitori debbono poter essere messi nelle condizioni di stare il più possibile accanto ai loro figli, sia dal punto di vista lavorativo che delle cure domiciliari. Niente sperimentazioni irragionevoli, sempre garanzia di cure palliative, mai abbandono dei piccoli nell’accompagnamento al morire.
Si potrà dire che sono "solo" indicazioni di buon senso. Ma anche "solo" il buon senso oggi è un bene prezioso.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: