martedì 5 marzo 2024
Non tutta la Francia è d'accordo con la riforma della Costituzione che introduce la "libertà di abortire": Alliance Vita guida la resistenza attiva. E contesta punto per punto. Parla Caroline Roux
Un cartello della manifestazione a Versailles per la vita umana

Un cartello della manifestazione a Versailles per la vita umana - Ansa

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«Questa costituzionalizzazione può spianare la strada a nuove modifiche legislative in chiave libertaria. Ciò diventa sproporzionato, rispetto alla realtà dell’aborto, così complessa. Siamo costernati di fronte a questo modo di trattare un tema tanto delicato». A parlare è Caroline Roux, vicedirettrice dell’associazione Alliance Vita, al servizio anche di donne spiazzate da gravidanze impreviste, spesso alla ricerca di un ascolto all’insegna dell’umanità.

C’è consenso dietro questa costituzionalizzazione?

L’opinione pubblica, in realtà, è lontana da tutto ciò. Ha altre preoccupazioni, economiche o legate ai limiti del nostro sistema sanitario. Inoltre, l’aborto non è affatto minacciato in Francia, come prova il record di aborti nel 2022: 234.300 su 726mila nascite. Ma nonostante queste cifre senza precedenti, non c’è stata nessuna inchiesta pubblica per capire meglio perché le donne ricorrono all’aborto. Gli studi disponibili dicono che ad abortire sono soprattutto le donne più povere, più sottomesse a pressioni e violenze. Ma tutto questo non è stato messo sul tavolo.

Perché, a suo avviso?

Il governo enfatizza il fatto che si tratta di una riforma simbolica. Dunque, ha sostenuto che non ci saranno forti contraccolpi. Ma questo punto, in realtà, è ambiguo. La revisione può rimettere in questione altre libertà, a cominciare da quella del personale medico di esercitare l’obiezione di coscienza. E questo dopo che una legge del 2022 aveva già alterato questa libertà, nel quadro di una riforma che ha pure allungato i tempi massimi per l’aborto chirurgico, passati da 12 a 14 settimane, e per quello farmacologico, passati da 5 a 7 settimane. Inoltre, con questa costituzionalizzazione sproporzionata sarà meno difficile immaginare di estendere l’aborto in tutti i sensi: ad esempio, allungando ancor più i tempi massimi. Oppure, favorendo di fatto, anche senza volerlo ufficialmente, forme di aborto ancora vietate in Francia, come quella fondata solo su una discriminazione sul sesso del nascituro.

'Anch'io sono stato un embrione': uno striscione al presidio di protesta durante l'atto solenne a Versailles

"Anch'io sono stato un embrione": uno striscione al presidio di protesta durante l'atto solenne a Versailles - Ansa

Il governo dice di voler garantire alle donne, nel tempo, una piena libertà...

Ogni giorno constatiamo che non tutte le donne ricorrono all’aborto per libertà e per scelta. Esistono pure tante donne che vorrebbero esercitare la libertà di evitare l’aborto, ma non riescono a sfuggire a violenze e pressioni. Vivono queste costrizioni come una triste fatalità, patendo poi non di rado sofferenze post-aborto, fisiche e psicologiche. Questa costituzionalizzazione rischia adesso di sancire ancor più, per tutte queste donne fragili, il divieto di parlare. Constatano che la società considera che abortire è talmente importante da meritare di finire nella Costituzione. Per noi ci sarà certamente un contraccolpo a scapito della prevenzione. Ai politici vorrei dire: attenzione, ciò può trasformarsi in una forma sottile di maltrattamento verso le donne.

La visione della libertà promossa dal governo sarebbe dunque un po’ a senso unico?

A forza di presentare l’aborto astrattamente come una libertà ci si allontana dalla realtà quotidiana di molte donne. Esistono pressioni di coppia, familiari, ma anche sociali e professionali. Tanto che il più alto tasso di aborti è oggi fra i 25 e i 29 anni, ovvero il periodo d’ingresso nella vita professionale. Per garantire una vera libertà occorrerebbe dunque introdurre pure nuovi dispositivi per evitare, ad esempio, che una giovane incinta venga penalizzata a inizio carriera.

Questa riforma avrebbe dovuto citare l’obiezione di coscienza?

Sì, certo. Finora, esiste un’obiezione specifica estesa a tutto il personale sanitario che concorre all’aborto, così come nei casi della ricerca sugli embrioni e della sterilizzazione. Ma ci sono pressioni per una sua soppressione, spinte che potrebbero appoggiarsi su questa costituzionalizzazione che non cita affatto l’obiezione di coscienza.

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