
Franco Locatelli, oncoematologo del “Bambino Gesù” di Roma
«La guerra non solo comporta il prezzo già di per sé inaccettabile della perdita di vite umane, ma anche costi indiretti sui bambini che vedono ulteriormente compromesse le loro probabilità di cura nel momento in cui ammalandosi si trovano in una situazione logisticamente complicata». Franco Locatelli, responsabile del Centro studi clinici oncoematologici e terapie cellulari dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, quasi non si dà pace ogni volta che si trova davanti bimbi scampati ai bombardamenti, in fuga da Paesi dove persino gli ospedali sono ridotti ad ammassi di macerie.
Nei giorni scorsi al pronto Soccorso del Gianicolo i medici hanno preso in carico due piccole pazienti palestinesi, entrambe di un anno, accompagnate dalle mamme e dalle sorelle. Ma non è la prima volta che succede. Dall’inizio del conflitto, il 7 ottobre 2023, sono 11 i minori provenienti da Gaza accolti dal Bambino Gesù. « La storia di questi piccoli, semmai ve ne fosse bisogno – rimarca più volte Locatelli –, è un’ulteriore incentivazione a perseguire il sentiero del dialogo e della pace, a far sì che le armi smettano di avere il sopravvento in quell’area, così in come tutte le aree del mondo in cui ci sono situazioni di conflitto e di tensione».
Come stanno le due bimbe?
Una delle due bambine giunte da noi ha una leucemia linfoblastica acuta. È arrivata in condizioni significativamente compromesse non solo per la patologia leucemica non trattata per diverse settimane ma soprattutto perché aveva un’infezione polmonare importante che ha richiesto supporto ventilatorio. Fortunatamente la situazione è migliorata, anche perché abbiamo intrapreso un trattamento non classicamente chemioterapico ma basato sull’impiego di un anticorpo monoclonale, che ha il pregio di essere estremamente efficace nel suo meccanismo di azione. Rispetto alla giornata in cui l’abbiamo presa in carico, in questi pochi giorni, siamo già riusciti a migliorare di molto la situazione e a emancipare la bambina dalla necessità del supporto ventilatorio. Ovviamente, questo non vuol dire che le riserve prognostiche vengano a cadere tutte. Però sicuramente la situazione è più sotto controllo e rassicurante. L’altra bambina ha invece una cardiopatia congenita ed è stata presa in carico dai miei colleghi che si occupano di patologia cardiologica dell’età pediatrica. La stanno seguendo per garantirle il migliore approccio diagnostico e terapeutico.
Non è la prima volta che vi prendete cura di bambini da Paesi in guerra.
Già l’anno scorso diversi bambini provenienti dalla Striscia di Gaza sono stati presi in carico dall’Ospedale, che in questo modo viene incontro a quella che è la sua missione, cioè fornire le migliori cure a tutti i pazienti pediatrici che ne hanno bisogno, con un particolare occhio a chi viene da aree socialmente ed economicamente in difficoltà. L’Ospedale peraltro svolge questo tipo di attività per i bambini di tanti altri Paesi: per esempio, adesso abbiamo in trapianto un bambino che era venuto dalla Libia nell’ambito del cosiddetto Piano Mattei. Ha una leucemia refrattaria che siamo riusciti a mandare in remissione grazie all’impiego delle cellule Car-T, prodotte nella nostra officina farmaceutica. Adesso stiamo consolidando il risultato con il trapianto.
A proposito di Car-T, quali risultati sono ora possibili?
Di recente è stato pubblicato uno studio su Nature Medicine sulle cellule Car-T per la cura dei bambini con il tumore solido extracranico più frequente, ossia il neuroblastoma, che hanno la peculiarità di essere ottenute direttamente da un donatore sano. C’erano ovviamente possibili riserve sul rischio che cellule provenienti da un donatore sano potessero aggredire l’organismo di un paziente, invece abbiamo dimostrato che hanno una migliore efficacia e funzionalità. A settembre dell’anno scorso sulla stessa rivista è stato pubblicato uno studio sulle Car-T per un tipo di leucemia linfoblastica acuta che si pensava non essere suscettibile di approcci con questa forma di terapia. Invece abbiamo messo a punto un approccio che ci permette di ottenere grandi risposte anche per questo tipo di leucemia. Adesso è in corso un ulteriore studio di validazione che vedrà coinvolti anche altri centri europei, con la manifattura delle Car-T garantita dall’officina farmaceutica dell’Ospedale.
È possibile quindi aggredire anche i tumori solidi?
È quello che abbiamo dimostrato per la prima volta con la pubblicazione nel 2023 sul New England Journal of Medicine, e adesso ulteriormente abbiamo confermato. Proprio grazie a questi straordinari risultati è stato aperto un dialogo con l’Agenzia europea del farmaco per andare poi a ipotizzare una strategia che renda disponibile, su un periodo più lungo, le nostre cellule Car-T non solo per i bambini trattati qui al Bambino Gesù ma anche per tutti i pazienti che ne avranno bisogno. Questo processo di applicazione si chiama “Prime” (Priority Medicines).
Saranno disponibili solo in Europa?
Noi prepareremo le cellule e poi le distribuiremo ai centri europei. In realtà, abbiamo ricevuto richieste anche dal Canada, da Israele e dal Giappone. A testimonianza dell’eccellenza del Bambino Gesù, nei mesi scorsi abbiamo preso in cura una bambina giapponese con neuroblastoma. È stata trattata con le cellule Car-T. Da allora è in remissione completa di malattia.
Quali altre patologie finora incurabili si potranno sconfiggere?
Le cellule Car-T possono essere di significativo beneficio in alcuni tipi selezionati di malattie autoimmuni, in particolare quelle dovute all’azione di linfociti T autoreattivi che svolgono un’azione di danno tissutale. Grazie alla collaborazione interna con il collega reumatologo De Benedetti abbiamo già trattato 4 pazienti, documentando un beneficio che è sostenuto nel tempo. Stiamo ora lavorando per sviluppare le cellule Car-T anche nei pazienti con leucemia mieloide acuta. E proprio per ottenere questo obiettivo, un collega nordamericano, che lavora a Seattle, ha deciso di spendere un anno sabbatico qui da noi al Bambino Gesù. Di solito succede il contrario... I primi frutti di questa collaborazione già si vedono, e siamo fiduciosi di ottenere l’obiettivo.