martedì 15 novembre 2016
Sono ancora una minoranza i pazienti oncologici che possono accedere al percorso. Al via la campagna di sensibilizzazione della Federazione Fedcp
Le cure palliative? A un malato su 3
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«Vivila tutta la vita, anche nella malattia»: è il titolo della campagna di informazione sulle cure palliative che Fedcp, la federazione che raccoglie le onlus in questo ambito, ha presentato nei giorni scorsi a Milano. «Agli italiani – spiega il presidente Luca Moroni – vogliamo dire che le cure palliative sono un’opportunità, che c’è la possibilità di vivere in maniera dignitosa anche quando si ha una malattia inguaribile cronica destinata a evolvere con il tempo, se i servizi specifici di presa in carico vengono attivati subito. E questo è un diritto».

Che assistenza domiciliare va prevista per i malati cronici?
C’è tanto da fare. In una regione sviluppata come la Lombardia sono più gli assistiti in hospice che a casa loro. L’assistenza domiciliare è una realtà giovane, nata con l’intesa Stato-Regioni del luglio 2012, recepita da tutti i consigli regionali, ma inattuata.


Chi non le conosce attribuisce alle cure palliative significati negativi. Perché?
Molti hanno ancora false convinzioni, credono che le cure palliative siano solo per chi sta morendo. Invece vanno proposte in maniera tempestiva e non solo per i malati oncologici, come afferma anche l’Organizzazione mondiale della sanità.

La vostra campagna invita a non arrendersi alla sofferenza inutile...
La sofferenza non è eliminabile, è connaturata a una malattia che evolve fino alla morte. Non si può evitare il decadimento complessivo come anche la sofferenza legata alla perdita di persone che si vogliono bene. Ma esistono forme di sofferenza che si possono contenere e controllare. La sofferenza fisica legata alla malattia, ad esempio, si può alleviare, come anche quella dovuta alla solitudine, alla difficoltà di accettare la condizione di malattia, o alla preoccupazione della famiglia.

In concreto cosa vuol dire?
Significa costruire un sistema capillare ed efficace con investimenti che producono risparmi immediati: minore accesso ai pronto soccorso, meno esami e terapie inutili, minor carico sugli ospedali...

Eppure mentre in alcune regioni i decessi in ospedale diminuiscono con l’aumento delle cure palliative, in altre aumentano. Perché?
Dipende dalle scelte strategiche. Emilia Romagna e Lombardia puntano a far sì che le strutture esistenti lavorino in maniera integrata, con servizi calibrati costantemente sui bisogni dei malati. Regioni come Calabria, Campania e Sardegna invece sono molto indietro. A questo si aggiunge il fatto che alle cure palliative accede solo il 30% dei malati di tumore.

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