venerdì 8 luglio 2016
Un’inchiesta dell’Espresso getta ombre sulle adozioni italiane in Congo. Ma le accuse appaiono inconsistenti, mentre i nodi veri restano ancora da sciogliere.
Adozioni in Congo, lo "scoop" e il vero problema
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Un presunto "scoop" dell’Espresso su un traffico internazionale di bambini apre un nuovo caso sul fronte delle adozioni internazionali. Nel mirino c’è il maggiore ente adottivo italiano, Aibi. Ma secca è la replica dell’associazione: «Si tratta di una bufala». Nel numero del settimanale da oggi in edicola, sono pesanti le accuse rivolte dall’inchiesta del giornalista Fabrizio Gatti, che non cita le carte di un’inchiesta penale ma gli stessi report che Aibi ha inviato in questi anni alla Cai come prescritto dalla legge. L’associazione milanese sarebbe anche coinvolta nel presunto “piano” architettato al fine di estromettere Silvia Della Monica dal suo incarico, tenendo bloccati i bimbi in Congo. Della Monica è il vicepresidente della Commissione adozioni internazionali, presidente facente funzioni visto che dal 9 giugno scorso Renzi ha conferito l’incarico al ministro Maria Elena Boschi.

Il presunto scoop rischia solo di gettare nuovo discredito sul mondo delle adozioni, già uscito fortemente provato dall’affaire Congo. Gli scontri tra la commissione gestita da Della Monica e gli enti non hanno coinvolto soltanto Aibi: sono 27 (e i maggiori nel nostro Paese) i soggetti che negli ultimi mesi si sono rivolti al governo per contestare e documentare le inefficienze della Cai. Commissione che – Avvenire lo ha ricordato più volte – non si riunisce da quasi due anni, con tutte le problematiche conseguenti, vista la mancanza di ufficialità di tutti gli atti compiuti se non ratificati collegialmente (la Cai non è un organismo monocratico).

E proprio al Congo si riferirebbe la "scoperta" di Gatti, in particolare alla vicenda dei bambini rimasti fino all’ultimo bloccati a Goma, la città difficile nel Nord Kivu da cui gli ultimi piccoli sono stati liberati e finalmente mandati in Italia il 10 giugno scorso. Secondo la ricostruzione dell’ Espresso a ostacolare per mesi la loro partenza sarebbe stata addirittura l’Aibi, operando in partnership col presidente del Tribunale dei minori di Goma: quest’ultimo avrebbe fatto arrestare e torturare un emissario inviato della Cai per salvare i piccoli. Mentre Della Monica avrebbe invece operato per salvarli, con un lavoro «riservato e instancabile», portato a termine «nel supremo interesse dei bambini». Sarebbe però sorprendente che la stessa Aibi si autoaccusasse, con documenti inviati proprio a quell’organismo che – secondo la ricostruzione del settimanale – vorrebbe delegittimare. Infatti è stata immediata la reazione dell’associazione, che in un comunicato ha bollato il servizio dell’Espresso come una «bufala»: «Abbiamo denunciato oltre due anni fa alla Cai e alle autorità congolesi e oltre un anno e mezzo fa in Procura a Milano notizie relative all’esistenza di anomalie nelle procedure di adozione in Congo». L’ente, che parla di «gravi diffamazioni e calunnie», ricorda come «nessuna sentenza di adozione né l’ingresso in Italia dei bambini adottati può avvenire senza l’autorizzazione della stessa Cai e, nella fattispecie, delle autorità congolesi».

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