martedì 7 febbraio 2017
La nutrizione assistita sarà sospendibile anche se il paziente non è in fin di vita e malgrado non si tratti di terapia. Respinti tutti gli emendamenti per attutire l'impatto della norma.
«La nutrizione assistita si può sospendere»: niente intesa, la legge avanza
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Niente da fare: salvo colpi di scena, la nutrizione assistita per pazienti non più in grado di alimentarsi da sé potrà essere sospesa, equiparata per legge a una terapia. È l’esito del nuovo muro contro muro in Commissione affari sociali della Camera, alle prese con il comma 5 dell’articolo 1, autentico scoglio della legge sul fine vita attesa in aula il 20 febbraio. Un appuntamento al quale i fautori di un provvedimento che non perde i suoi aspetti preoccupanti sono determinati ad arrivare, a costo di procedere con sedute notturne. Una prospettiva che Paola Binetti ritiene «molto preoccupante per la forzatura che esprime su una materia che richiede tutt’altro atteggiamento».

A marce forzate?

Il presidente della Commissione Mario Marazziti spiega che a decidere la tabella di marcia sarà, oggi, un ufficio di presidenza «per un confronto sui tempi che ci occorrono. Bisogna ricordare che c’è anche l’aula per sciogliere alcuni nodi che per il momento restano sul tavolo». Ma i numeri alla Camera sono talmente ampi – come dimostrato in commissione – da rendere problematica una modifica in un punto chiave sul quale sinora la maggioranza Pd-M5S-Sinistra italiana si è mostrata compatta. E se i radicali dell’Associazione Coscioni scambiano la tenace battaglia di alcuni deputati per «ostruzionismo» da «azzeccagarbugli», il leghista Alessando Pagano ironizza che «con la disoccupazione galoppante, imprese e famiglie sul lastrico, terremotati al freddo, giovani che espatriano, la priorità del Pd è votare anche di notte pur di approvare quanto prima la legge che legalizza l’eutanasia». Certo, la bocciatura sistematica di tutti gli emendamenti correttivi del comma 5 non aiuta il cantiere di una legge che parla di vita e di morte.

Marazziti: coraggio per togliere i dubbi


«Restano nodi irrisolti – prende atto Marazziti – nel senso che su alcuni temi restano differenze tra chi propone di emendamenti il testo base e chi non intende toccarlo su punti chiave o simbolici comunque per una parte del Paese e dei gruppi parlamentari. C’è grande spazio per esprimersi. Ma occorre uno sforzo di coraggio per trovare un accordo che tolga il dubbio di possibili scivolamenti in senso eutanasico».

Roccella: così si cancella il «favor vitae»


«Non c’è alcun ostruzionismo sul testamento biologico – interviene Eugenia Roccella –, solo un dibattito approfondito, fondamentale quando, come in questo caso, è in gioco la vita delle persone. Ricordo che nella scorsa legislatura si è lasciato che alla Camera la discussione prendesse tutto il tempo necessario, senza ricorso a sedute notturne e forzature. Ci auguriamo – prosegue – che il Pd non si irrigidisca, e apra almeno a correzioni che tendono a mantenere nel sistema sanitario il "favor vitae": ferma restando la libertà di scelta, medici e operatori non possono rimanere neutrali e indifferenti di fronte alle decisioni del paziente, la vita e la morte non sono scelte equivalenti. Salvaguardare con chiarezza nella legge il "favor vitae" vuol dire mantenere il senso della solidarietà e della fratellanza, lo stesso – conclude la parlamentare – che ci fa intervenire per trattenere l’aspirante suicida dal suo gesto».

Gigli: un’apertura al suicidio assistito


«La strana maggioranza che sostiene la legge su consenso informato e Dichiarazioni anticipate di trattamento – osserva Gian Luigi Gigli – ha imposto la specificazione che il consenso o la rinuncia alle cure si applichino anche all’idratazione e nutrizione, bocciando di tutti gli emendamenti tendenti a escludere che la decisione del paziente potesse metterne in pericolo la vita. Con questa scelta, si apre di fatto l’Italia al suicidio assistito. Infatti, salvo i pazienti in condizioni terminali, nessuna persona capace di intendere e di volere che non sia affetta da istinti suicidari rinuncerà a essere nutrita e idratata in caso di malattia. È vero che il paziente potrebbe comunque decidere di andare a casa sua a morire, ma la Commissione Affari sociali sta decidendo che ad accompagnare la scelta suicidaria debbano essere i medici e le strutture del Servizio sanitario nazionale. Cosa ancor più grave, una volta sdoganata questa possibilità di condotta, sarà difficile impedire che essa possa essere applicata anche nei disabili incapaci. Nel silenzio dei deputati cattolici, un Pd diviso ormai su tutto procede unito verso l’introduzione dell’eutanasia omissiva nel nostro ordinamento».

Calabrò: vogliono chiudere ogni dialogo


«Se ancora ce ne era bisogno – commenta Raffaele Calabrò – la bocciatura di tutti gli emendamenti al comma 5 dell’articolo 1 che puntavano a intervenire sulla possibilità di sospendere anche la nutrizione e la idratazione artificiale rischia di annullare ogni possibilità di dialogo tra le forze politiche sul biotestamento. Questo testo di legge porterà solo divisioni nella maggioranza di governo e nello stesso Partito democratico, ma c’è chi preferisce allearsi con M5S pur di portare avanti la propria battaglia ideologica. E ciò in barba a ogni regola di correttezza politica che imporrebbe sui temi etici confronto e dialettica trai vari partiti, trattandosi di temi che da sempre dividono la società civile».

I Medici cattolici: grave preoccupazione


L’Associazione medici cattolici italiani (Amci) dal canto suo esprime «grave preoccupazione» per «il testo unificato elaborato dal comitato ristretto della Commissione Affari sociali della Camera, adottato come testo base sul testamento biologico». Perché «se da un lato sancisce correttamente il diritto del malato ad autodeterminarsi nella scelta delle cure da intraprendere o sospendere», dall’altro profila «il possibile stravolgimento del rapporto tra medico e paziente quando si prevede che il medico debba svolgere una mera funzione notarile rispetto alle volontà manifestate dal paziente o da un suo fiduciario». Per il presidente nazionale Amci, Filippo Maria Boscia, «appare giusto e necessario, nel testo legislativo, consentire ai medici, quando devono dolorosamente prendere atto della definitiva volontà del paziente di rinunciare alle cure, di esercitare una clausola che riconosca il primato della coscienza e consenta al medico di testimoniare la volontà di preservare sempre la vita. L’orientamento contenuto nella proposta di legge determina una frattura dolorosa di quel rapporto fiduciario che si sviluppa tra il medico che offre, in scienza e coscienza, opzioni terapeutiche al bisogno di salute del malato, e quest’ultimo che, a sua volta, chiede accoglienza e condivisione della propria condizione di sofferenza. Questa visione ha sempre rappresentato la natura sostanziale di una medicina umanizzante fondata sulla relazione di assoluta prossimità con il sofferente, che non può essere ridotta a una pratica meramente empirica e pragmatica che finirebbe con l’accrescere la sensazione di solitudine del malato e il senso di frustrazione e sconfitta da parte del medico».

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