venerdì 12 aprile 2019
Il Governo recepisce la direttiva europea del 2012 con le condizioni per la circolazione di gameti umani, ma non risultano i limiti indispensabili. Intanto le cliniche private chiedono mano libera.
Fecondazione eterologa: il mercato preme. Ma chi lo regola?
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Continuano in Italia le spinte per ampliare il mercato della procreazione medicalmente assistita (Pma) eterologa, cioè con gameti estranei alla coppia, e si fanno sempre più forti le pressioni per incoraggiare le donazioni anche con forme di pagamento per i "donatori".
Le richieste esplicite finora non hanno funzionato: se si introducessero compensi per chi cede spermatozoi o ovociti, anche surrettiziamente con "indennità", la prima conseguenza sarebbe estendere lo stesso criterio a donazioni salvavita come quelle di midollo e organi. Un percorso inaccettabile. E allora si procede con strade diverse. Per esempio, come accade ora, lanciando l’allarme per un presunto rischio di blocco dell’importazione di gameti a fine mese, dal 29 aprile: il messaggio è che, se non si riesce a importare dall’estero, bisogna trovare il modo di procurarsi i gameti in Italia. Ma le cose non stanno così.
Esiste una normativa europea recepita dall’Italia (decreto lgs. n.256 del 16 dicembre 2016) che impone che entro il 27 aprile 2017 – due anni fa – tessuti e cellule umani per uso clinico dovessero avere un codice identificativo valido nell’intera Ue, in certe condizioni e modalità. I gameti utilizzati per la procreazione medicalmente assistita (Pma) eterologa rientrano in questa norma, che ne garantisce la tracciabilità in Europa. Se i centri Pma non sono in grado di assegnare questo codice non possono importare gameti. E sono le ispezioni del Centro nazionale trapianti (Cnt) e delle Regioni a verificare che i centri siano conformi alla legge. La data limite per adeguarsi è quella di due anni fa, e la proroga al 29 aprile di quest’anno era il risultato di una interlocuzione interna fra Regioni e Ministero: non è scritta in alcuna legge.
Nel frattempo le ispezioni sono state effettuate. Due giorni fa il Cnt, in una lettera ai referenti regionali e ai centri Pma, ha reso noto che i centri ispezionati che hanno concluso l’iter di certificazione – e quindi a norma – sono 114, mentre solo una decina (tutti privati) nonostante siano stati visitati più volte sono ancora fuori norma per via di gravi carenze non ancora risolte. Altri centri hanno iter in corso che probabilmente si concluderanno a breve, e comunque nel frattempo potranno importare gameti tramite i centri già in regola. Nessuna "emergenza eterologa", quindi.
Ma c’è un altro punto ancor più critico della Pma. Il 4 aprile il Consiglio dei Ministri ha approvato, fra l’altro, il regolamento di attuazione di una direttiva europea riguardante cellule e tessuti umani. È un provvedimento molto importante, che stabilisce anche i criteri per la selezione dei donatori di gameti nell’eterologa: sono normative europee che prima l’Italia aveva recepito solo in parte, perché l’eterologa era vietata. Va ricordato, però, che il provvedimento era pronto già da tre anni: dopo aver superato il vaglio del Garante della Privacy, del Consiglio superiore di sanità e della Conferenza Stato-Regioni, era misteriosamente bloccato alla Presidenza del Consiglio dal febbraio 2016, nonostante le numerose lettere di sollecito dell’allora ministro Lorenzin.
Adesso la procedura si è sbloccata, e il testo del provvedimento è stato anticipato dalla testata online Quotidiano Sanità. Se quello fosse effettivamente il testo finale ci sarebbe da preoccuparsi: rispetto a quanto già approvato dalle istituzioni di cui sopra, sarebbero stati eliminati infatti tre punti chiave. Il primo è relativo ai limiti di età dei donatori, che erano stati indicati in 18-40 anni per gli uomini e 20-35 per le donne, mentre adesso si parla genericamente di età come criterio, senza specificare.
Il secondo punto saltato sarebbe quella che potremmo chiamare "norma anti-incesto": il testo precedente prevedeva che da un/una donatore/donatrice non potessero nascere più di dieci bambini. L’unica deroga prevista era per coppie in cui già ci fosse un nato da eterologa e i genitori volessero un altro figlio, fratello biologico del primo. Una norma di importanza fondamentale, quindi, voluta per eliminare il rischio di unioni inconsapevoli fra consanguinei: in Italia c’è un vuoto legislativo sul diritto a conoscere le proprie origini da parte dei nati da eterologa, che potrebbero ignorare per tutta la vita le modalità del loro concepimento. La legge 40 è silente, perché prevedeva solo la fecondazione omologa, e le normative europee parlano di anonimato di donatore e ricevente, ma nella Pma il ricevente è la madre e non il nato, che è una terza persona sul cui diritto a conoscere le proprie origini si è espresso solamente il Comitato nazionale per la bioetica, nel 2011.
Il terzo punto eliminato sarebbe il divieto di donazione di gameti fra parenti fino al quarto grado, con cui si voleva evitare che, inconsapevolmente, si utilizzassero gameti di consanguinei per l’eterologa, vista la maggiore probabilità in questi casi di trasmettere malattie genetiche.
Se il testo circolato è corretto, dunque, perché il Ministero della Salute avrebbe eliminato questi limiti, che hanno la loro ragion d’essere nella salute dei nati da eterologa?

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