sabato 15 luglio 2017
Per il bambino una nuova terapia già validata dalle autorità sanitarie americane Atteso domani in Inghilterra il neurologo Hirano, aiutato da una équipe internazionale
Dagli Usa il medico per Charlie
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La prova che Charlie ce la può fare ha un nome e un cognome: Arturito Estopiñan, sei anni, di Baltimora. Affetto da una sindrome da deplezione mitocondriale simile a quella del bambino londinese di 11 mesi sul quale è in corso un contenzioso legale, Arturito è in cura presso il Centro per le malattie mitocondriali e metaboliche del Presbyterian Hospital di New York diretto da un giovane neurologo che è diventato la figura chiave della vicenda di Charlie: Michio Hirano.

Affidato alle sue mani dai genitori Olga e Arthur, cui nel 2012 era stato detto di rassegnarsi alla morte del loro figlio, Arturito è stato curato con una molecola somministrata sperimentalmente solo a cavie animali, il Desossinucleotide monofosfato. Un percorso terapeutico metabolico messo a punto da Hirano che non solo gli ha salvato la vita ma gli ha consentito di fare continui progressi, tornando a casa. Oggi il bambino parla l’inglese e lo spagnolo appresi in casa e sta imparando a leggere come gli altri coetanei.

La sua storia, raccontata da Avvenire il 4 luglio, è il miglior biglietto da visita di Hirano, convocato domani a Londra dal giudice Nicholas Francis dell’Alta Corte per un consulto clinico e scientifico decisivo per la sorte di Charlie, sulla quale il verdetto è atteso per il 25 luglio. Hirano – che, dopo aver dichiarato al nostro giornale che il suo protocollo sebbene sperimentale sia comunque una cura, ha declinato ogni richiesta di interviste – porta in Inghilterra anche l’autorizzazione rilasciata dal Nih (National Institute of Health) americano che ha validato il suo protocollo terapeutico sulla specifica variante della malattia che ha colpito Charlie, parzialmente diversa da quella di Arturito.

Dietro la cura per il piccolo inglese ci sono dunque un medico di fama, un prestigioso ospedale di New York, l’ok delle autorità sanitarie Usa, una casistica sinora incoraggiante, e ricerche che hanno mostrato le potenzialità della terapia di giungere al cervello, dove dovrebbe dispiegare le proprie potenzialità. Nella sua deposizione in videoconferenza giovedì davanti alla Corte, Hirano – che sarà raggiunto a Londra da un’équipe internazionale di specialisti, tra i quali anche un ricercatore dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma – ha correttamente spiegato che sottoposto al suo protocollo terapeutico Charlie avrebbe il 10% di possibilità di migliorare (come Arturito, per capirci) e il 56% di sopravvivere. Non va dimenticato infatti che la sua malattia è letale, e che la stessa sopravvivenza a 11 mesi è considerata dai medici una prima dimostrazione delle straordinarie capacità del piccolo di resistere alla patologia ereditata dai genitori.

Se i dati scientifici sono chiari, gli interrogativi etici aperti dalla vicenda rendono un giudizio «molto difficile». Lo afferma il cardinale Cristoph Schönborn in un’intervista al settimanale cattolico inglese Tablet invitando a riflettere sull’equilibrio tra due principi: «Ogni vita umana va protetta e aiutata il più possibile», tenendo anche conto di quanto dice il Catechismo, ovvero che «nessun medico è tenuto a praticare terapie eccessive o straordinarie».

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