Una sanità senza steccati
giovedì 10 giugno 2004
I
sacerdoti stranieri in Italia hanno diritto a ricevere gratuitamente tutte le prestazioni previste dal Servizio sanitario nazionale. Il principio è stato recentemente affermato dal Ministero della salute, su invito dell'Istituto centrale per il sostentamento del clero, intervenendo sulle posizioni contrastanti di alcune Asl. Il Ministero ha rilevato che l'assistenza sanitaria agli stranieri spetta solo in base al permesso di soggiorno collegato ad una regolare attività di lavoro subordinato o di lavoro autonomo; accanto a queste condizioni vanno poi considerate quelle degli stranieri regolarmente soggiornanti per altri contesti (motivi familiari, asilo politico, asilo umanitario, adozione, affidamento, acquisto della cittadinanza ecc.). Uno specifico permesso di soggiorno "per motivi religiosi" viene rilasciato ai sacerdoti stranieri che intendano partecipare a manifestazioni di culto o per esercitare l'attività ecclesiastica, religiosa o pastorale per un periodo in Italia di breve o lunga durata. Lo stesso Ministero richiama, per l'occasione, un precedente criterio adottato dal Ministero degli Affari esteri per una soluzione "a monte" del problema. In pratica, i sacerdoti provenienti da paesi extracomunitari, chiamati a svolgere il ministero in Italia, sono invitati a richiedere al Consolato italiano un "visto per lavoro", idoneo a consentire la copertura sanitaria in Italia senza oneri per il richiedente (cioè l'iscrizio-ne volontaria al Ssn). I sacerdoti stranieri presenti in Italia possono invece presentare alla Asl un'apposita attestazione rilasciata dall'Istituto Centrale. Italiani all'estero. Un'analoga problematica è stata rilevata da diverse Ambasciate italiane, riferita ai sacerdoti missionari che conservano la residenza in Italia (e quindi non si iscrivono all'Anagrafe degli italiani all'estero) nel timore di essere privati dell'assistenza sanitaria durante i rientri temporanei in Italia. La situazione è accentuata nei Paesi in cui l'organizzazione sanitaria non garantisce adeguate prestazioni soprattutto nel settore chirurgico e specialistico. Anche in questo caso possono beneficiare dell'assistenza sanitaria all'estero gli italiani che svolgono attività missionaria "con rapporto di lavoro subordinato" per conto della Diocesi che invia. Questi sacerdoti possono usufruire dell'assistenza anche in Italia in occasione di brevi soggiorni, osservando alcune particolari procedure. La conclusione positiva per le due situazioni - stranieri in Italia ed italiani all'estero - non può tuttavia far trascurare l'ottica con la quale i diversi uffici statali hanno affrontato la materia: il "visto per lavoro", suggerito agli stranieri, ed il "rapporto di lavoro", indicato agli italiani, non rispettano la natura del ministero sacerdotale che, al di là di ogni latitudine, esclude qualsiasi aggancio, perfino terminologico, col mondo del lavoro subordinato.
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