domenica 30 luglio 2023
Orfeo cantava i versi che componeva, accompagnandosi al suono della lira, uno strumento a corde, nato, dicevano, dal guscio di una tartaruga, ai tempi lontani in cui ebbe origine la poesia. Orfeo era il poeta, con la sua voce commuoveva gli uomini e tutti gli altri abitatori del mondo: gli alberi piangevano al suo canto, lo ascoltavano nel bosco gli animali miti come i cervi, i leprotti, gli scoiattoli, ma anche le fiere, l’orso, il lupo, il leone, restavano ammaliati dal suo canto e lo seguivano docilmente. Anche le pietre, si dice, piansero, qualche volta, quando la sua poesia toccava l’apice della commozione. Certo molti videro querce e alti larici smuoversi dalle radici secolari e seguirlo, per non perdere la sua voce. La sua voce nasceva dalle viscere della natura. Il primo, il più grande poeta. L’uomo che apprende l’allevamento delle bestie, poi la coltivazione della terra, poi l’uso della macchina e del fuoco per accendere, cuocere, fondere il metallo, far luce e difesa, nasce, come sappiamo, nella gloriosa storia dell’evoluzione: dall’ominide all’uomo. Ma l’Uomo è subito religioso, come subito poeta. Homo religiosus e Homo simbolicus, cioè poetico: non frutti della tormentosa e mirabolante evoluzione, no, subito, nostro Dna. © riproduzione riservata
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