martedì 29 maggio 2012
Le emozioni più belle sono quelle che si vivono in privato, quasi di nascosto, non in pubblico. Nessuno saprà l'emozione che si prova quando si dà da mangiare la prima volta a un bambino appena svezzato, o quella che ci coglie quando rimaniamo a leggere incantati le pagine di un libro, o la gioia di un padre alla notizia che il figlio ha trovato un lavoro. E così via. Provare emozioni significa anche spaventarsi, avere un guizzo di speranza, soffrire una frustrazione. Questo vale sia per i grandi, sia per i piccoli. Chi si emoziona non è un debole, è uno che sceglie di vivere fino in fondo la sua vita. È uno che sa distinguere tra ragione e sentimento, che sa riflettere e indignarsi, che non gira lo sguardo davanti ai soprusi, che è disposto anche a sacrificarsi per evitare che una violenza si compia davanti ai suoi occhi ai danni di uno sconosciuto. Quanti piccoli e grandi eroi appaiono e scompaiono nell'ombra nella nostra quotidianità. Non hanno bisogno di rendere conto a nessuno dei proprio gesti e delle proprie azioni se non alla propria coscienza, tribunale ben più severo del giudizio degli uomini. Sono insegnamenti che dobbiamo impartire ai bambini sin da piccoli. I bambini non sono cattivi o buoni per indole o natura. Ubbidiscono innanzitutto ai loro bisogni e ai loro desideri e all'inizio fanno fatica a capire che gli altri bambini hanno gli stessi bisogni e gli stessi desideri. Te ne accorgi quando arrivano in prima elementare. Ciascuno ha l'idea di essere il centro del mondo e la persuasione che gli altri siano satelliti al loro servizio. Piano piano, un giorno dopo l'altro, si rendono conto che il loro pianto vale quanto quello dei compagni, che le loro aspettative devono confrontarsi con le aspettative degli altri, che le loro emozioni non li rendono diversi ma esattamente uguali a coloro con i quali condividono il loro tempo a scuola. La tolleranza, la comprensione, la solidarietà nascono da piccole cose. L'empatia che ci fa sentire come nostro il destino altrui va coltivata sin dai primi anni. Se un bambino impara a prendere per manoun altro bambino, è probabile che un giorno diventi un uomo che non rifiuterà di offrire la sua mano a un altro uomo, chiunque egli sia.
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