domenica 21 ottobre 2007
L'ingenuità è una forza che gli astuti hanno torto di disprezzare.
Di solito, coloro che hanno un grande spirito l'hanno ingenuo.
Ho appaiato due citazioni di autori diversi. La prima è del nostro scrittore Arturo Graf (1848-1913) ed è desunta dal suo Ecce homo; la seconda risale al grande Montesquieu, filosofo e letterato del Settecento, ed è tratta dai suoi Quaderni. Entrambe le osservazioni s'annodano attorno a un unico tema, l'ingenuità. Certo, Graf, ci fa supporre che sia facile disprezzare questa caratteristica e ne siamo tutti
ora vittime ora carnefici, quando cadiamo in atti spontanei e un po' sprovveduti o quando
sbeffeggiamo qualche persona troppo candida. Si dice che la frase O sancta simplicitas! sia stata pronunciata dal riformatore boemo Jan Hus, vedendo un contadino condannato al rogo che, nel 1415 a Costanza, aiutava a sistemare e aggiungeva fascine alla pira sulla quale doveva salire"!
Eppure ha ragione Montesquieu quando accosta ingenuità a grandezza d'animo. Forse bisogna cambiare sostantivo e, sulla scia del significato latino originario, parlare piuttosto di sincerità, schiettezza, innocenza. Queste sono, infatti, doti e non carenze e rivelano una nobiltà d'animo, una dignità spirituale, una coerenza che non ha nulla a che spartire con la sventatezza, la sprovvedutezza, la dabbenaggine. Per questo, ritrovare la naturalezza sincera in un mondo così artefatto come il nostro è una scelta di moralità e di autenticità. Certo, si può correre il rischio di essere penalizzati, ma è ben più alta come ricompensa la serenità della coscienza, la coerenza e la limpidità interiore. Il vero «ingenuo» non è un sempliciotto ma una persona «in cui non c'è falsità» come il Natanaele del Vangelo di Giovanni (1, 47).
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