mercoledì 30 novembre 2022
«Il grande ritorno» si potrebbe titolare il momento che stiamo vivendo, dove ogni iniziativa segnala il sold out. Tutto esaurito lunedì a Piacenza, dove si è chiusa la Fiera dei Vignaioli indipendenti raggruppati sotto la sigla FiVi: oltre 800 produttori col loro banchetto e migliaia di persone che facevano acquisti con il carrello della spesa. Ma le cronache parlano anche di una città come Torino, dove alla sera è impossibile trovare un posto a sedere in un ristorante o una pizzeria, in una fase dove ancora manca il personale adeguato per rispondere a questa domanda che in molti casi ha superato i livelli pre-Covid. Ora, se tutto questo sembra positivo in una Torino che oggi celebra la figura del cuoco, per ricordare i 300 anni di una corporazione professionale nata nel 1722 sotto il patronato di san Pasquale Baylon (da cui il sanbayon poi divenuto lo zabaione), le bizzarrie italiane non tardano ad arrivare. Una di queste riguarda le mance nei ristoranti, che sono entrate nel mirino della legge di Bilancio (almeno nella bozza che avrebbe approntato il Consiglio dei ministri), per cui dal primo gennaio le somme destinate volontariamente dai clienti ai lavoratori di ristoranti e hotel subiranno un’imposta forfettaria del 5%. Ma in verità le mance in Italia non sono regolate per legge e neppure è previsto come fare a lasciarle con la carta di credito senza che ricadano sugli incassi del ristorante diventando, di fatto, un onere. Ma c’è di più: le mance non sono per nulla riconosciute e pare che il contratto nazionale di lavoro contempli addirittura il divieto di accettarle. E qui siamo all’Azzeccagarbugli che propone di tassare o detassare le mance, quando questa parola non figura nel vocabolario legislativo. All’estero questa voce è ben regolata e appare anche sulla ricevuta, ma in Italia no e per di più la si vorrebbe “detassare” per incentivare i lavoratori. A cosa? Avanti di questo passo anche i rider (a proposito la pizza è al primo posto fra il cibo a domicilio, seguito dall’involtino primavera) rischiano d’essere soggetti alla tassazione e detassazione per la mancia che giustamente ricevono, e magari, domani, anche quelli che chiedono l’elemosina dietro l’angolo. Tutto questo mentre aumentano i Neet, ovvero i giovani che fuggono dal lavoro. Il che dice che c’è bisogno di una politica seria, che aggiusti alcune storture, anche per favorire il lavoro reale evitando di finire nel ridicolo. Come le zucche che, se destinate all’alimentazione, hanno un’aliquota Iva del 4%, ma se diventano decorative (per la festa importata e controversa di Halloween) ne meritano una al 22%. Ma istituire un ministero senza portafoglio per il Buon Senso no? © riproduzione riservata
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