martedì 3 gennaio 2012
I bambini non hanno idea di com'erano i loro genitori quando avevano la loro età. Di quali erano i loro desideri e le loro aspettative a sette o otto anni. Figuriamoci se riescono a immaginare com'erano i loro coetanei più di cent'anni fa. Eppure è anche così che si fa storia con i piccoli. Vuol dire aiutarli a
fare i confronti, a cercare somiglianze e differenze. Così un giorno, prima di chiedere ai miei alunni di raccontarmi quali erano i loro desideri, volli leggere loro alcuni di quelli raccontati dai bambini di una seconda elementare in una scuola di Torino agli inizi del 1900.
Vorrei un bell'orologio ma non di quelli da cinque centesimi, e che vada. Vorrei andare sulle più alte montagne, a pigliare un po' d'aria buona, che non sono mai andato in nessun paese. Vorrei andare a Genova a pigliare i bagni di mare, ma ho un po' paura della burrasca. Vorrei avere una lira per fare elemosina agli infelici, cioè come lo storpio, il cieco e il monchino. Io vorrei andare in America perché c'è lo zucchero e in Africa perché c'è i datteri. Io vorrei che mio padre e mia madre non mi sgridassero mai. Il mio più bel desiderio è di studiar bene, che la sig.Maestra è tanto buona, di non dargli tanti dispiaceri, non star cattivo, come ho fatto. E adesso guarderò di fare tutto quello che posso per star buono.
E altri ancora. Quando finii di leggere, i miei alunni pensarono a uno scherzo. Ma io dimostrai loro che queste cose le avevano scritte dei bambini di sette e otto anni in una scuola della loro città più di cent'anni prima, con gli stessi errori ortografici e grammaticali che correggevo nei loro compiti. Naturalmente parlai di una Torino completamente diversa da quella di oggi. E conclusi la mia lettura di quei testi con le parole dello scrittore che era andato a raccoglierli in classe dalle maestre di quei bambini. Lo scrittore si chiamava Edmondo De Amicis e, dopo essersi emozionato a leggere quei pensieri sgrammaticati ma sinceri, diceva: «Ah, i desideri dei ragazzi! Essi sono ad un tempo una delle più care e delle più tristi cose del mondo. Poterli appagare è una delle più dolci soddisfazioni della ricchezza; non potere è una delle amarezze peggiori della povertà». «Adesso scrivete quali sono i vostri desideri» dissi ai bambini. Molti però mi chiesero di assegnare quel compito un altro giorno e di continuare a parlar loro di quella Torino così lontana.
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