sabato 18 febbraio 2023
La conosciamo tutti, riprodotta su scatole di matite, di pastelli e pennarelli, figura ricorrente della nostra infanzia e di quella dei nostri bambini: immagine che sempre c’è stata. Quasi potremmo descriverla andando a memoria: il giovane accovacciato sulla sinistra dell’immagine, intento a riprodurre tratteggiandola sulla lastra liscia di una pietra la pecora che mansueta gli sta accanto, e sulla destra, in piedi, poggiato a un’altra roccia, il maestro di età più matura, pensoso e soddisfatto nel mentre osserva l’allievo all’opera. Brevettata nel 1933 e da allora mai cambiata, la figura dei colori Giotto conta la virtù della completezza: riesce a condensare attraverso pochi elementi la vicenda della fortuna di Giotto e quella della sua interpretazione. Restituisce l’aneddoto narrato da Vasari, l’incontro tra allievo e maestro Cimabue lungo la strada verso Bologna, nel mentre il primo dialogava con l’animale che andava disegnando. Il debito che i pittori contraggono nei confronti della natura è Giotto a saldarlo, Vasari lo argomenta e la figurina colorata lo racconta. Pecore e agnelli intorno, e il tratto scuro impresso sulla pietra a tratteggiare una di loro. La storia dell’arte come imitazione sta incastonata in quella figurina, immagine archetipo della nostra storia condivisa.
© riproduzione riservata
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