mercoledì 24 ottobre 2007
Ieri Michele Ainis ("La Stampa", p. 42: "Libera Chiesa in debole Stato") denuncia con lungo ragionamento le "Troppe ingerenze vaticane nella politica italiana", e dopo richiami ad Hobbes e al 1789 ricorda che la Costituzione italiana sancisce seccamente "l'indipendenza dello Stato dalla Chiesa" e arriva trionfale a sostenere che siccome il Vaticano non è Italia, ma "Stato estero", allora non può mai intervenire in alcuna faccenda italiana. Non è un discorso di separazione tra politica e religione " chiarisce sapiente " perché "un monaco buddista o un rabbino ebraico possono ben intervenire sulle vicende legislative della Repubblica", come vuole la "libertà religiosa", valore universale. No! Qui è "una questione di diritto internazionale"! Infatti " aggiunge " tutti sanno che un prete cattolico rappresenta il suo vescovo, che rappresenta la Cei, che rappresenta nientemeno che il Papa, e cioè il Vaticano, Stato straniero e da sempre nemico di libertà e indipendenza italiana. Sì: furbamente lo chiamano "vescovo di Roma", ma il Papa è "sovrano vaticano", quindi i vescovi sono funzionari di uno Stato estero, come anche i preti, e persino i credenti quando succede loro la disgrazia " e succede troppo, piange l'Ainis " di dire cose che sono in armonia col parroco, cioè col vescovo e cioè con lo "straniero" che sta lassù, in Vaticano. Tutto chiaro! Con questo ragionamento non c'è più "debole Stato" e perciò "non passa lo straniero"! Come alle acque del Piave. Acque? E tu pensi subito al "genio" che ha tinto di rosso Fontana di Trevi. Una creatività condivisa: in due sul banco dei" geni.
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