sabato 1 agosto 2009
Tra allegria e malinconia. Su tutti i giornali " per esempio "Corsera" (29/7, p. 1) " titoloni sull'ultima trovata della politica tra crisi e impazzimento: «Esame di dialetto ai professori»! Già: dicono che è " o già era? " una proposta di legge della Lega, con chiaro fine pur sottinteso: d'ora in poi solo professori nordisti al Nord! Malpelo un po' di scuola l'ha fatta, non solo da alunno, e ripensa alla lunga storia dal latino all'italiano, col primo documento scritto: «Sao ke kelle terre per kelle fini ke ki contene trenta anni le possette parte Sancti Benedicti». Toh! Anche lì " vedi caso " «radici cristiane», addirittura benedettine. Poi arrivò Dante, e via col vento fino ai "Promessi Sposi" risciacquati in Arno. Una fatica di secoli per arrivare alla lingua unica col tocco finale della Tv: ricordate il maestro Manzi? Dunque: a circa 150 anni dalla sospirata unità nazionale quasi ci siamo? No: esame di dialetto! Ridere o prenderli sul serio? Né l'una né l'altra. Solo un ricordo e un patto. Il ricordo riporta alla vicenda dei "Vespri", quando in Sicilia per riconoscere i francesi clandestini si obbligavano tutti a ripetere la parola «ceci». Bel precedente storico, tutto sudista! Ed ecco il patto: poiché capitale d'Italia è Roma, e il Parlamento è a Roma, d'ora in poi sia eletto solo chi parla il romanesco di Sordi recitando a memoria o anche leggendo " siamo buoni! " brani da "La Scoperta dell'America" di Pascarella o dai Sonetti di Trilussa. Ai senatori, però, data l'età, richiesti anche i Sonetti di Gioacchino Belli. E gli esami? A Roma c'è un Palazzo fatto apposta: proprio a Trastevere!
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