venerdì 16 novembre 2007
Lo stato dell'Opera Calcio è questo: adesso pensiamo alla Nazionale. Passata la tragedia, gabbati tutti coloro che avrebbero voluto non solo riflessioni serie sulla morte di Gabriele Sandri ma anche decisioni importanti per impedire che atrocità del genere si ripetano. Invece, parliamo della Nazionale. Come diceva Leo Longanesi, quando non vogliamo inguaiarci con parole o idee significative, "parliamo dell'elefante". La Scozia, ah la Scozia! Una volta di più affidiamo agli azzurri d'Italia il salvataggio della reputazione non solo calcistica. Per non andar lontano, nell'estate del 2006 li spedimmo in Germania ad ascoltare i cori teutonici di "ladroni! ladroni!" ai quali si aggiunsero di lì a poco - quando si accorsero che facevamo sul serio - "mafiosi! pizzaioli! maccaroni!". La vittoria finale li annichilì, ma c'è chi non demorde. La Bild di lunedì diceva pari pari che i vincitori dei Mondiali (noi italiani) mettevano a ferro e fuoco la Capitale. Adesso a Glasgow hanno paura dell'arrivo dei tifosi nostrani come se fossero i famigerati hooligans esportati dall'Inghilterra prima e dopo le "leggi perfette" che li combattevano e li mettevano in riga. In patria. Così, i giocatori di Donadoni oltre a dover staccare all'Hampden Park il biglietto per la fase finale degli Europei, devono anche salvarci la faccia. Alla vigilia di Berlino 2006, capitan Cannavaro lanciò un proclama tattico: «Ricordiamoci di giocare con il vecchio spirito italiano», quello che spagnoli e francesi insistono a chiamare, con disprezzo, "catenaccio". Oggi, Cannavaro deve invece spendere parole per condannare il tifo ultrà che fa morti e precisare - con spirito stavolta poco nazionale - che «è meglio giocare in Spagna». Siamo comunque in grado di vincere - o non perdere - a Glasgow, ma paradossalmente converrebbe perdere. Una bella prova degli azzurri servirebbe soprattutto ai caporioni del calcio per stendere un bel velo sulla tragedia appena vissuta. Poi mi chiedono perchè sono stato tanto amaro e severo, nella domenica della morte, e ci scherzano sopra, naturalmente, ironizzando e satireggiando. Alla fine avranno ragione, quelli che dicono che il calcio non c'entra, che è malata la società intera, non la corporazione pallonara tutta intenta a dividersi la torta della paytivù. Infatti non succederà niente, anche se nel frattempo la sospensione di un certo numero di trasferte sarà presentata come un toccasana. Poi gli ultrà feroci torneranno a casa, anzi allo stadio, e tutti torneranno a parlare di pallonate. Fino al prossimo morto. Succede così da quarant'anni, perchè cambiare?
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