Dalle cattedre di teologia ai carcerati: così la fede “pensata” diventa “agita”
venerdì 23 giugno 2023
I santi torinesi del XIX secolo vengono chiamati “sociali” perché furono particolarmente attenti alle dinamiche socio-economiche del loro tempo, in un’epoca di profondi cambiamenti. Quell’attenzione divenne patrimonio comune della Chiesa universale, che proprio alla fine del XIX secolo con Leone XIII cominciò a dare forma a una dottrina sociale organica. Il loro esempio, ben incarnato nell’eredità di san Giuseppe Cafasso, ci ricorda che la fede “creduta” trae forza dalla fede “pensata” e si realizza in una fede “agita”. Cafasso, infatti, fu sacerdote che in 24 anni di insegnamento della teologia morale formò generazioni di altri preti, senza mai dimenticare la necessità di farsi compagno di cammino dei bisognosi, di coloro che vivevano ai margini e in situazioni drammatiche. Era nato a Castelnuovo d’Asti nel 1811 e a 22 anni era già prete. Nonostante la salute cagionevole testimoniava una forza d’animo e una determinazione che lo resero un esempio anche per i compagni: per l’amico don Giovanni Bosco, Cafasso era un «modello di vita sacerdotale». Era stato il moralista don Luigi Guala a metterlo sulla strada dell’insegnamento e, sempre su invito di Guala, Cafasso portò avanti anche l’impegno della catechesi e dell’assistenza a lavoratori, giovani, famiglie e ai carcerati, specie dei condannati a morte, meritandosi così il soprannome di “prete della forca”. Morì nel 1860 ed è stato canonizzato da Pio XII il 22 giugno 1947. Altri santi. Santi Martiri di Nicomedia (303); beata Raffaella Santina Cimatti, religiosa (1861-1945). Letture. Romano. 2Cor 11,18.21-30; Sal 33; Mt 6,19-23. Ambrosiano. Nm 28,1-8; Sal 140 (141); Lc 6,20a.36-38. Bizantino. Rm 11,25-36; Mt 12,1-8. t.me/santoavvenire
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