Cosa resta dell’Impero romano. La collezione di Seiland
lunedì 31 maggio 2021

Imperium Romanum, 2005-2020. Un viaggio contemporaneo nei territori in cui si estendeva il dominio di Roma, dalla Siria alla Scozia, ai paesi che si affacciano sul Mediterraneo e oltre, per fotografare il rapporto tra uomo e rovine. Oggi. Le tracce residue della storia e della cultura romana in dialogo quasi surreale con il presente, con la modernità. Fra visioni più “sacre” e minimali che mostrano la bellezza cristallizzata nel tempo di grandiose opere, e altre decisamente più curiose e pop che mostrano le trasformazioni delle città e del paesaggio, le interpretazioni più creative delle antiche glorie monumentali in rapporto ai moderni tessuti urbanistici, agli spazi del turismo di massa, dello sport e della cultura del tempo libero. Le visioni di Alfred Seiland si possono ammirare al Museo di Santa Giulia di Brescia, fino al 17 ottobre, nella prima retrospettiva italiana dedicata al fotografo austriaco (classe 1952) dopo il successo delle esposizioni al Museo Romano Germanico di Colonia, ai Rencontres di Arles e all'Albertina di Vienna.

Un approdo nella città lombarda, a cui ha dedicato un portfolio, in occasione delle celebrazioni per il ritorno della scultura della Vittoria Alata (dopo un attento restauro durato due anni presso l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, collocata nell’aula orientale del Capitolium riallestita su progetto dell’architetto Juan Navarro Baldeweg), come appuntamento principale del Brescia Photo Festival, dedicato al tema dei “Patrimoni” (altre mostre vedono protagonisti gli scatti di Elio Ciol, Gianni Berengo Gardin, Maurizio Galimberti, Giovanni Gastel e tanti altri). La rassegna di Seiland, curata da Filippo Maggia e Francesca Morandini, promossa dal Comune di Brescia e dalla Fondazione Brescia Musei e coprodotta con Skira che ha pubblicato il pregevole catalogo (pagine 220, euro 39,00), presenta 136 immagini del monumentale progetto sviluppato in oltre quindici anni di lavoro da Seiland.

Il Tempio di Apollo a Side, Selimiye, Turchia, 2011

Il Tempio di Apollo a Side, Selimiye, Turchia, 2011 - Alfred Seiland

Quaranta paesi raccontati attraverso i siti archeologici: il Colosseo a Roma, certo, e Palmira, Samaria ed Epidauro, le terme di Bath, il Pont du Gard in Provenza, ma anche le rovine di siti meno noti al grande pubblico, e, ancora, edifici moderni che alludono all’antico in tutto il loro paradosso, come il set di Cinecittà o il Caesar Palace Hotel di Las Vegas, e la presenza discreta dei resti archeologici nel tessuto urbanistico attuale. I monumenti dell’Impero romano, diffusi in Europa e lungo il bacino del Mediterraneo, costituiscono per i suoi abitanti un’abitudine visiva, per i turisti un feticcio, per le infrastrutture un ostacolo. Come dimostrano gli scatti dei bagnanti fra i resti della Villa di Nerone ad Anzio, del porto romano e del museo storico di Marsiglia circondati da palazzoni e hotel, o lo Stones Rock Bar vista tempio di Apollo a Side in Turchia che guadagna la “copertina” di questo affascinante viaggio.

«Monumenti antichi e paesaggi mitici, testimoni di oltre due millenni di storia erosi lentamente da fenomeni politici, sociali e naturali – sottolinea Francesca Morandini – vengono riprodotti da Alfred Seiland come avrebbe fatto un pittore da cavalletto ottocentesco al seguito di missioni archeologiche in regioni remote. L'immagine che Seiland scatta è il momento finale di un percorso di ricerca, studio e conoscenza di luoghi il cui significato risiede nella storia, nelle vicende umane legate al sito, nella loro dimensione mitica e ne ferma la situazione attuale sospesa tra il “non più” e al contempo il “ma ancora».

Un viaggio percorso dal fotografo con il piglio e la costanza di un "collezionista". «Susan Sontag, nel suo fondamentale saggio Sulla fotografia, mai come oggi attuale e necessario, scrive - annota Filippo Maggia - che “Collezionare fotografie è collezionare il mondo”. Alfred Seiland incarna perfettamente il prototipo di fotografo/collezionista, quasi una sintesi del pensiero della scrittrice americana: la sua raccolta Imperium Romanum nasce da una passione mai sopita per le vestigia dell’impero romano riconsiderate - non solo ritratte - all’alba del terzo millennio, racconta di luoghi a volte dimenticati e altre volte inventati, riunendo pezzi di mondo fra loro anche molto lontani». Un album in progress, per riflettere su quello che siamo stati e quello che siamo diventati. Guardare quelle pietre con occhi nuovi.

Una foto e 674 parole.

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