venerdì 30 gennaio 2004
Cucinare «alla cacciatora» indica uno stile ruspante, contadino, in voga negli Anni Sessanta dove piatti come il coniglio o il pollo preparati così erano considerati delle prelibatezze estreme. Il perché di questo termine, che poi coincide con la cucina in umido delle carni, sta nel fatto che occorreva trovare qualche artefizio per attenuare il sapore spesso aspro e selvatico della carne di selvaggina. Per questo, i primi esempi di cacciatora prevedevano, soprattutto nel Centro Italia, aromatizzazioni molto incisive a base di aceto, aglio e rosmarino. Oggi la cucina alla cacciatora può essere codificata con un soffritto di cipolla, lardo e pomodoro, cui vanno aggiunti funghi (talvolta) e una buona spruzzata di vino rosso. Dal punto di vista dietetico, bisogna ovviamente mettere in conto la «scarpetta» col pane, per pulire definitivamente il piatto da questa leccornia che richiama volentieri i freddi invernali. Come contorno con un pollo alla cacciatora si sceglie sovente la polenta, anche se un"insalata verde sgrassante non starebbe male. Per il vino, invece, bisogna scegliere un rosso di buon corpo che abbia una certa caratteristica tannica, capace di pulire il palato dalla sensazione untuosa. Da questo punto di vista qualsiasi vino a base di nebbiolo sarebbe l"ideale, ma non disdegna anche un buon Sangiovese o un superbo Aglianico del Vulture. Per preparare pollo o coniglio "alla cacciatora" si taglia una cipolla rossa in quattro parti e la si lascia riposare in acqua fredda per mezz"ora. Dopodiché si taglia a pezzi un pollo, mentre in una padella si fa sciogliere il lardo e la pancetta a dadini e si fa appassire la cipolla. Quindi si fa rosolare il pollo. Una volta compiuta questa prima parte ecco un saporoso bicchiere di vino rosso che bisogna fare ridurre di un terzo; quindi si aggiunge abbondante sugo di pomodoro facendo cuocere il tutto a fuoco basso per trenta minuti. Alla fine il piatto sarà pronto, con una carne di pollo (o di coniglio) che risulterà più tenera del solito.
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