venerdì 4 luglio 2014
«Bello come il sole, brutto come la fame». Questo diciamo da sempre! E da questa constatazione partono le conclusioni di una piccola inchiesta che un giornalista-scrittore, Piergiorgio Paterlini, dette alle stampe in un piccolo libro che Einaudi ha appena riproposto, «I brutti anatroccoli», fatto di dieci interviste con persone fisicamente brutte, fisicamente non attraenti, che non possono essere fisicamente oggetto di desiderio. «Dieci storie vere». C'è un momento che mi ha sempre straziato in «Notre Dame» di Victor Hugo in cui l'autore, parlando della bruttezza di Quasimodo, prova a immaginare l'immedicabile sofferenza di un essere umano che nessuno ha mai accarezzato, nessuno ha mai amato, a cui nessuno ha mai dimostrato una tenerezza fisica, proprio fisica - nel suo caso, madre o amante o amica. Il Quasimodo di Hugo era anche deforme, il suo caso rientrerebbe dunque, in un'altra categoria dell'imperfezione fisica, quella dell'handicap - se vogliamo, in un'altra categoria dell'ingiustizia dalla sorte che dà agli uni e non agli altri cose che non sono facilmente compensabili con altre. Nascere brutti è una disgrazia, e non basta ai brutti avere altre qualità con le quali affermarsi o imporsi, si può essere anche dei geni, ma a un genio fisicamente brutto mancherà comunque nella vita qualcosa di fondamentale. Questo tema è stato affrontato dal mito e dalla fiaba in modi spesso sublimi - per esempio la storia di "la bella e la bestia" nelle sue mille varianti - e certamente è stato risolto da tanti trovando compensazioni sociali le più diverse, comprese la grande bontà e la grande cattiveria. E nella società contemporanea, in cui è venuto di moda far di tutto per imbruttirsi, è forse meno doloroso di un tempo essere brutti. E gli handicappati sono riusciti ad affermare il loro diritto alla tenerezza. Ma le storie raccolte da Paterlini ci ricordano che tutto questo può anche non bastare, che "restano i vuoti", dice una ragazza obesa. "Le cose che ti mancano, ti mancano in modo ancora più lancinante, se non hai cose fondamentali, saperlo non ti compensa della loro mancanza, soprattutto se sono le cose di cui tutti hanno bisogno". E un'altra ragazza: "Io desidero piacere, questo è il punto. Addirittura piacere a tutti." Con l'età adulta si è costretti, alla fine, ad adattarsi a tutto, anche alla propria bruttezza. Ma i giovani? Come rimediare a questa prova, a questa ingiustizia?
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