venerdì 25 maggio 2018
Nell'udienza agli agenti della Questura di Roma l'invito di Francesco a superare «infedeltà» e «difetti». In famiglia si impara la fede e a pregare ma anche «l'educazione civica» e a «fare il bene»
Papa Francesco fra gli agenti di polizia e le loro famiglie durante l'udienza di questa mattina al personale della Questura di Roma (Vatican Media)

Papa Francesco fra gli agenti di polizia e le loro famiglie durante l'udienza di questa mattina al personale della Questura di Roma (Vatican Media)

COMMENTA E CONDIVIDI

Famiglia e matrimonio al centro del magistero “quotidiano” di papa Francesco. Oggi, 25 maggio, Bergoglio parla di queste due “colonne” per la vita sociale e la Chiesa in due diverse occasioni.

Il tema del matrimonio è al centro dell’omelia nella Messa mattutina a Casa Santa Marta. «Il matrimonio è una predica silenziosa a tutti gli altri, una predica di tutti i giorni», dice Francesco durante l’Eucaristia. E cita la pazienza come «forse la virtù più importante nella coppia, sia dell’uomo sia della donna». Il Pontefice sottolinea che «Gesù parla del matrimonio che forse è la cosa più bella» che Dio ha creato nei giorni della Creazione. E afferma che il Figlio di Dio «lascia il problema della separazione e va alla bellezza della coppia». Comunque il Papa raccomanda: «Noi non dobbiamo soffermarci, come questi dottori, su un “si può”, o “non si può” dividere un matrimonio. Questo è… alle volte c’è la disgrazia che non funziona ed è meglio separarsi per evitare una guerra mondiale, ma questa è una disgrazia. Andiamo a vedere il positivo».

È invece nell’udienza ai dirigenti e al personale della Questura di Roma e della direzione centrale di sanità del dipartimento della Pubblica Sicurezza che il Papa si sofferma sulla famiglia. La Chiesa è chiamata a «stare vicina alle famiglie», soprattutto a quelle che conoscono «le ansie e le tensioni», «i conflitti generazionali, le violenze domestiche, le difficoltà economiche, la precarietà del lavoro». Ed è tenuta a sostenere «tutte le contrarietà e le vicissitudini della vita, le aggressioni del mondo, le infedeltà e i difetti nostri e degli altri», spiega Francesco avendo di fronte proprio le famiglie degli agenti che affollano l’Aula Paolo VI in Vaticano. «Guardarvi negli occhi, stringervi la mano, accarezzare i vostri bambini dilata i cuori, ci avvicina e ci unisce nella lode e nel ringraziamento al Signore» e «mi dà gioia», confida in apertura della sua riflessione. Presenti il capo della polizia Franco Gabrielli e il questore di Roma Guido Marino. Tra i circa seimila partecipanti all'udienza, anche i familiari delle vittime del terrorismo e dei caduti nell'adempimento del loro dovere. Entrato dall'ingresso posteriore il Papa percorre la corsia centrale salutando, stringendo le mani e benedicendo i presenti sui due lati.


«La famiglia – spiega Francesco – è la prima comunità dove si insegna e si impara ad amare. Ed è l’ambito privilegiato in cui si insegna e si impara anche la fede, si impara a compiere il bene». Poi aggiunge: «Queste cose, la fede, l’amore, fare il bene, si imparano soltanto in dialetto, il dialetto della famiglia, in un’altra lingua non si capiscono. Si imparano in dialetto, il dialetto della famiglia». Quindi tiene a far sapere: «La buona salute della famiglia è decisiva per il futuro del mondo e della Chiesa, considerando le molteplici sfide e difficoltà che oggi si presentano nella vita di ogni giorno. Infatti, quando si incontra una realtà amara, quando si fa sentire il dolore, quando irrompe l’esperienza del male o della violenza, è nella famiglia, nella sua comunione di vita e di amore che tutto può essere compreso e superato».


Il Papa ricorda anche che la famiglia stessa, come ogni realtà umana, è «segnata dalla sofferenza». Lo attestano numerose pagine della Bibbia. Francesco cita la violenza fratricida di Caino su Abele, i litigi tra i figli e tra le spose di Abramo, Isacco e Giacobbe, le tragedie che colpiscono Davide, la sofferenza di Tobia, il dolore di Giobbe. Ma anche la vita della Famiglia di Nazareth che «ha conosciuto contraddizioni dolorose, come la fuga di Maria e Giuseppe che sono stati esuli in Egitto col piccolo Gesù». Anche il Signore, aggiunge il Pontefice, ha sperimentato «nel proprio cuore le vicissitudini delle persone che incontra»: la suocera di Pietro che è a letto ammalata, Marta e Maria che piangono la morte del fratello Lazzaro, il centurione provato dalla grave malattia di chi gli è caro. E «Gesù è sempre capace di misurarsi con le persone che lo implorano per la salute o che piangono inconsolabili», chiarisce.


Quindi Francesco osserva: «Sulla strada della vita Gesù non ci abbandona mai». «E la sua presenza si manifesta attraverso la tenerezza, le carezze, l’abbraccio di una mamma, di un padre, di un figlio». Perché, rimarca Bergoglio, «la famiglia è il luogo della tenerezza». Inoltre la famiglia è anche la prima culla dell'evangelizzazione. «Qui – afferma il Papa – si impara a pregare: la preghiera umile, semplice e al tempo stesso aperta alla speranza, accompagnata dalla gioia, quella vera, che viene da un'armonia profonda tra le persone, dalla bellezza di essere insieme e sostenerci a vicenda nel cammino della vita, pur consapevoli di tutti i nostri limiti». Ma è anche l’ambito dove si riceve «la prima educazione civica», puntualizza il Papa. «Una buona famiglia – precisa – trasmette anche i valori civili, educa a sentirsi parte del corpo sociale, a comportarsi da cittadini leali e onesti. Una nazione non può reggersi se le famiglie non adempiono questo compito». Non manca un particolare ringraziamento agli agenti per il loro «lavoro, sia nelle indagini sia sulle strade, specialmente in una città come Roma». E l’affidamento finale alla «Famiglia di Nazareth» e al patrono san Michele Arcangelo.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: