
La lavanda dei piedi nel carcere minorile di Casal del Marmo
I detenuti, il mondo del carcere sono stati sempre nel cuore di papa Francesco. Un legame suggellato dalla domanda che sempre ripeteva entrando in un penitenziario: perché è toccato a loro e non a me? E a suggellare questa comunione, la notizia che recentemente il Pontefice aveva donato al vescovo ausiliare di Roma monsignor Benoni Ambarus, direttore dell’Ufficio diocesano per la pastorale carceraria, 200mila euro destinati al pastificio del carcere minorile di Casal del Marmo. A rivelarlo, lo stesso “don Ben”, come lo chiamava il Papa. «Gli avevo detto che abbiamo un grosso mutuo per questo pastificio e se riusciamo ad abbatterlo abbassiamo il prezzo della pasta, ne vendiamo di più e assumiamo altri ragazzi. Lui mi ha risposto, “ho finito quasi tutti soldi ma ho qualcosa ancora sul mio conto”. E mi ha dato 200mila euro» ha spiegato monsignor Ambarus. Molto commovente anche il ricordo dell’apertura della Porta Santa nel carcere di Rebibbia, lo scorso 26 dicembre, quando Francesco disse ad Ambarus "don Ben vieni con me" e insieme cominciarono il Giubileo tra i detenuti. «Io per lui sono stato solo don Ben credo che neanche sapesse il mio nome e cognome. È stato emozionante soprattutto per quella gente. Si sono sentiti “visti”. Da lunedì mi arrivano in continuazione messaggi di chi dice di sentirsi orfano. Ieri alcuni detenuti mi hanno chiesto di mettere sulla tomba di Francesco un fiore da parte loro». E invece «sto lavorando perché i suoi figli prediletti possano essere ai funerali. Vedremo che cosa riusciremo a fare».
Monsignor Benoni Ambarus - Siciliani
Il ricordo del 26 dicembre 2024 è scandito dalle parole pronunciate da Papa durante la Messa celebrata a Rebibbia e imperniata sulla forza della speranza. A me piace pensarla – disse il Pontefice - come l’àncora che è sulla riva e noi con la corda stiamo lì, sicuri, perché la nostra speranza è come l’àncora sulla terraferma (cfr Eb 6,17-20). Non perdere la speranza. È questo il messaggio che voglio darvi; a tutti, a tutti noi. Io il primo. Tutti. Non perdere la speranza. La speranza mai delude. Mai. Delle volte la corda è dura e ci fa male alle mani … ma con la corda, sempre con la corda in mano, guardando la riva, l’àncora ci porta avanti. Sempre c’è qualcosa di buono, sempre c’è qualcosa che ci fa andare avanti».
Forte anche il legame con il carcere minorile di Casal del Marmo al cui pastificio era destinata, come detto, l’ultima donazione. Papa Bergoglio l’ha visitato due volte per la Messa in Coena Domini del Giovedì Santo con la lavanda dei piedi, nel 2013 e poi dieci anni dopo. E al termine dell’Eucaristia, il 6 aprile 2023 il Pontefice si concentrò sul gesto umile di Gesù verso i suoi discepoli. «Lavare i piedi – disse Bergoglio -, era abitudine a quel tempo perché le strade erano polverose, la gente veniva da fuori e nell’entrare in una casa, prima del banchetto, della riunione, si lavava i piedi. Ma chi lavava i piedi? Gli schiavi, perché era un lavoro da schiavo. Immaginiamo noi come sono rimasti sbalorditi i discepoli quando hanno visto che Gesù incomincia a fare questo gesto di uno schiavo. Ma egli lo fa per far capire loro il messaggio del giorno dopo che sarebbe morto come uno schiavo, per pagare il debito di tutti noi. Se noi ascoltassimo queste cose di Gesù, la vita sarebbe così bella perché ci affretteremmo ad aiutarci l’un l’altro, invece di fregare uno all’altro, di approfittarsi l’uno dell’altro, come ci insegnano i furbi. È tanto bello aiutarsi l’un l’altro, dare la mano: sono gesti umani, universali, ma che nascono da un cuore nobile».