Il Papa all'Angelus: «Preghiamo per le famiglie che soffrono per le guerre»
di Agnese Palmucci, Roma
Ieri, nella festa della Santa Famiglia di Nazareth, Leone XIV ha esortato a non lasciare che i «miraggi» del successo, del potere e del benessere, «soffochino la fiamma dell’amore nelle famiglie cristiane». Dal Vaticano tre tir di aiuti umanitari per le famiglie ucraine sotto le bombe.

Nella «luce del Natale del Signore, continuiamo a pregare per la pace», ha detto ieri il Pontefice durante la preghiera dell’Angelus, dal Palazzo Apostolico. In particolare, «preghiamo per le famiglie che soffrono a causa della guerra, per i bambini, gli anziani, le persone più fragili», ha aggiunto nella domenica in cui la Chiesa ha celebrato la festa della Santa Famiglia di Nazareth. Una benedizione, quella chiesta a Dio, per intercessione di Maria e di San Giuseppe, che si è allargata a tutte le famiglie del mondo, perché, «crescendo sul modello di quella del suo Figlio fatto uomo, siano per tutti segno efficace della sua presenza e della sua carità senza fine».
Tante famiglie, nel mondo, oggi vivono momenti di prova, difficoltà da superare, imprevisti dolorosi. Così per Gesù, Maria e Giuseppe è stata la minaccia del re Erode, che li ha costretti alla “fuga in Egitto”, narrata dai Vangeli e proposta ieri dalla Liturgia del giorno. «Sul quadro luminoso del Natale si proietta infatti, quasi improvvisamente, l’ombra inquietante di una minaccia mortale, - ha spiegato il Papa, davanti ai fedeli riuniti in piazza San Pietro per la preghiera mariana - che ha la sua origine nella vita tormentata di Erode, un uomo crudele e sanguinario, temuto per la sua efferatezza, ma proprio per questo profondamente solo e ossessionato dalla paura di essere spodestato».

L’egoismo e la sete di potere lo possiedono al punto, ha sottolineato Leone XIV, che «nel suo regno Dio sta realizzando il miracolo più grande della storia» ma «lui non riesce a vederlo, accecato dal timore di perdere il trono, le sue ricchezze, i suoi privilegi». Neppure la luce e la gioia sprigionatesi dalla capanna di Betlemme «riescono a penetrare oltre le difese corazzate del palazzo reale», se non «come eco distorta di una minaccia, da soffocare nella violenza cieca», per la nascita di un bambino che sarà chiamato “re dei Giudei”. Come segno di vicinanza concreta alle famiglie sofferenti, poi, in occasione della domenica dalla Santa Famiglia, il Papa ha invito tre tir pieni di cibo alle famiglie che vivono sotto i bombardamenti in Ucraina. Un dono questo, come ha raccontato il cardinale elemosiniere Konrad Krajewski, per tutte quelle famiglie che, al pari di quella di Nazaret, «seguono la via dolorosa dell'esilio in cerca di rifugio», sperimentando «la condizione drammatica dei profughi, segnata da paura, disagio, incertezza».
Proprio davanti alla «durezza di cuore» e al «mondo dispotico e ingordo che il tiranno rappresenta», dunque, ha aggiunto il Papa, si rende evidente ancor di più «il valore della presenza e della missione della Santa Famiglia». Questa «è nido e culla dell’unica possibile risposta di salvezza: quella di Dio che, in totale gratuità, si dona agli uomini senza riserve e senza pretese». Nel suo magistero sulla famiglia, poi, Prevost è tornato sulla figura di Giuseppe, che con il suo gesto dal «significato redentivo», obbedendo alla voce di Dio, ha portato «in salvo la Sposa e il Bambino» in Egitto. Qui, ha continuato, «la fiamma d’amore domestico a cui il Signore ha affidato la sua presenza nel mondo cresce e prende vigore per portare luce al mondo intero».

Lo sguardo sulla Santa Famiglia di Nazareth, poi, deve portare gli uomini e le donne a guardare con carità e speranza anche alle proprie famiglie, «e alla luce che pure da esse può venire alla società in cui viviamo», ha sottolineato ancora Leone XIV. Il mondo di oggi è ancora pieno di nuovi “Erode”, con «i suoi miti di successo ad ogni costo, di potere senza scrupoli, di benessere vuoto e superficiale», e «spesso ne paga le conseguenze in solitudine, disperazione, divisioni e conflitti». Proprio in questo contesto la famiglia cristiana è chiamata a vivere e a dare la propria testimonianza di fede. «Non lasciamo che questi miraggi soffochino la fiamma dell’amore nelle famiglie», ha ribadito Prevost, sottolineando alcune linee guida per preservare in esse «i valori del Vangelo», ovvero «la preghiera, la frequenza ai sacramenti, specialmente la Confessione e la Comunione, gli affetti sani, il dialogo sincero, la fedeltà, la concretezza semplice e bella delle parole e dei gesti buoni di ogni giorno». Ciò, ha concluso, «la renderà luce di speranza per gli ambienti in cui viviamo, scuola d’amore e strumento di salvezza nelle mani di Dio».
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