sabato 14 ottobre 2023
L'udienza con gli scalabriniani: «La parola chiave di fronte al fenomeno migratorio è “vicinanza”. Nello straniero riconosciamo Dio»
Il Papa assieme al superiore degli scalabriniani, padre Leonir Chiarello

Il Papa assieme al superiore degli scalabriniani, padre Leonir Chiarello - Ansa

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La Chiesa cattolica, «cioè universale», è tale «perché “madre”, perché città aperta a chiunque cerca una casa e un porto sicuro». È un rinnovato e accorato appello alla cura, all’accoglienza e alla vicinanza ai migranti, quello lanciato ieri da papa Francesco nel corso dell’udienza con i partecipanti al Convegno di spiritualità promosso dai Missionari di San Carlo, gli scalabriniani, dedicato al tema «Io verrò a radunare tutte le genti (Is. 66,19)». E proprio citando la figura del fondatore, san Giovanni Battista Scalabrini, canonizzato un anno fa, il Papa ne ha ricordato «la visione illuminata e originale del fenomeno migratorio, visto come appello a creare comunione nella carità».

Migrare, ha detto il Papa agli scalabriniani, «non è un dolce peregrinare in comunione; è spesso un dramma. E, come ciascuno ha diritto a migrare, così a maggior ragione ha diritto a poter rimanere nella propria terra e a viverci in modo pacifico e dignitoso. Tuttavia la tragedia di migrazioni forzosamente causate da guerre, carestie, povertà e disagi ambientali è oggi sotto gli occhi di tutti. E proprio qui entra in gioco la vostra spiritualità: come disporre il cuore verso questi fratelli e sorelle? Con il sostegno di quale cammino spirituale?». San Giovanni Battista Scalabrini, «che vi ha fondati come missionari e missionarie per i migranti – ha aggiunto il Pontefice –, vi ha insegnato, nel prendervi cura di loro, a ritenervi fratelli e sorelle in cammino verso l’unità».

Citando, poi, il testo del profeta di Isaia, che ha fatto da sfondo al convegno e riferendosi all’immagine dei popoli in movimento con tutti i mezzi verso Gerusalemme, Francesco ha notato: «Cavalli, carri, portantine, muli e dromedari, a cui potremmo aggiungere oggi barconi, Tir e carrette del mare; ma la destinazione resta la stessa, Gerusalemme, la città della pace, la Chiesa, casa di tutti i popoli, dove la vita di ognuno è sacra e preziosa».

Da qui l’appello «a coltivare cuori ricchi di cattolicità, cioè desiderosi di universalità e di unità, di incontro e di comunione. È l’invito a diffondere una mentalità della vicinanza – “vicinanza”, questa parola-chiave, è lo stile di Dio, che si fa vicino sempre – una spiritualità, una mentalità della cura e dell’accoglienza, e a far crescere nel mondo, secondo le parole di san Paolo VI, “la civiltà dell’amore”».

Per fare tutto questo, è necessario «cooperare all’azione dello Spirito, e dunque agire nella storia sotto la guida e con l’energia che viene da Dio». Si tratta «di lasciarsi conquistare dalla sua infinita tenerezza per sentire e agire secondo le sue vie, che non sempre sono le nostre, per riconoscerlo in chi è straniero e per trovare in Lui la forza di amare gratuitamente».

Ed ecco quindi un secondo appello, che il Papa trae dall’esempio del «santo vescovo di Piacenza», Scalabrini, «quando insiste sulla necessità, per il missionario, di avere un rapporto d’amore con Gesù, Figlio di Dio Incarnato, e di coltivarlo specialmente attraverso l’Eucaristia, celebrata e adorata». In realtà, secondo Francesco, «la mentalità moderna ci ha tolto un pochettino questo senso dell’adorazione. Riprenderlo, per favore, riprenderlo», ha esortato il Papa, ricordando l’importanza che per Scalabrini aveva l’Adorazione, «a cui si dedicava anche di notte, nonostante la stanchezza per i suoi estenuanti ritmi di lavoro, e alla quale non rinunciava di giorno, pur nei momenti di maggiore attività». Senza preghiera «non c’è missione», diceva questo padre dei migranti, che invitava i suoi religiosi a non lasciarsi sviare «da un certo pazzo sfrenato desiderio di aiutare gli altri, trascurando voi stessi».

«Salire a Dio – ha aggiunto il Pontefice – è indispensabile per poi saper discendere fino a terra, per essere “angeli dal basso”, vicino agli ultimi». Congedandosi, infine, Francesco ha chiesto agli scalabriniani di rinnovare il loro impegno per i migranti, e di «radicarlo sempre più in un’intensa vita spirituale, sull’esempio del fondatore. Assieme a questo, però, voglio dirvi un grandissimo grazie, per il tanto lavoro che fate in tutto il mondo! – ha concluso –. Dai tempi di Buenos Aires sono testimone di questo lavoro, e lo fate tanto bene. Grazie, grazie tante! Andate avanti, Dio vi benedica».


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