sabato 25 maggio 2024
Francesco è arrivato allo stadio di Roma tra i cori e gli applausi di migliaia di piccoli arrivati da tutto il mondo per la prima Gmb. Il dialogo con loro, le caramelle: «Non siate mai nemici»
Il Papa stringe la mano a una bimba

Il Papa stringe la mano a una bimba - Siciliani

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«Care bambine, cari bambini, ragazzi e ragazze! Ci siamo! È iniziata l’avventura della Gmb, la Giornata Mondiale dei Bambini. Ci siamo radunati qui allo Stadio Olimpico, per dare il “calcio d’inizio” a un movimento di bambini e bambine che vogliono costruire un mondo di pace, dove siamo tutti fratelli, un mondo che ha un futuro, perché vogliamo prenderci cura dell’ambiente che ci circonda». Papa Francesco inizia così il suo discorso davanti ai 50mila radunati allo Stadio Olimpico di Roma, tra cui migliaia di bambini da oltre cento Paesi del mondo.

Francesco nella sua papamobile bianca fa il giro dello stadio per salutare i piccoli e i grandi venuti ad ascoltare le sue parole, mentre viene cantato l’inno “Bello mondo”. Ad accoglierlo ci sono i coordinatori dell’evento: Padre Enzo Fortunato, direttore della comunicazione della Basilica di San Pietro, e Aldo Cagnoli. Con loro cinque bimbi in rappresentanza dei 5 Continenti. Dall’Italia, dal Burundi, dalla Cina, dall’Australia e dal Brasile. C’è anche il saluto da un “nuovo continente”, quello dei bambini che non sono potuti venire. Quindi il Papa inizia a parlare. «In voi, bambini - dice - tutto parla di vita e di futuro. E la Chiesa, che è madre, vi accoglie e vi accompagna con tenerezza e con speranza. Il 7 novembre scorso ho avuto la gioia di accogliere in Vaticano alcune migliaia di bambini di tante parti del mondo. Quel giorno avete portato un’ondata di gioia; e mi avete manifestato le vostre domande sul futuro. Quell’incontro ha lasciato un’impronta nel mio cuore e ho capito che quella conversazione con voi doveva continuare, doveva allargarsi a tanti altri bambini e ragazzi. Ed è per questo che oggi siamo qui: per continuare a dialogare, a porci domande e cercare insieme le risposte».

I bambini allo Stadio Olimpico col Papa

I bambini allo Stadio Olimpico col Papa - Siciliani

Il Papa riduce molto il testo preparato. Preferisce dialogare con i bimbi. Così dopo aver invitato tutti a recitare insieme un Ave Maria, si mette in ascolto delle loro domande, e risponde. C'è una bimba pakistana, un bimbo di un campo Rom di Napoli: gli chiedono “come possiamo cambiare il mondo?”, “come possiamo amare tutti, tutti, tutti” e il Papa chiede loro di avvicinarsi, offre una caramella e fa a loro le domande: «Come si cambia il mondo, litigando? Essendo nemici?». I bambini in coro dicono di no. «La pace sempre è possibile» continua Francesco. Poi chiede ai piccoli di dare la mano al vicino e lui stesso stringe la mano a uno di loro: «Questo è un gesto di pace. Giocando insieme, aiutando gli altri, il mondo sarà migliore».

C’è aria di festa nello stadio. Prima dell’arrivo del Papa esibiscono diversi artisti. Il presentatore è Carlo Conti. Il botta e risposta tra bimbi e Papa viene inframmezzato da momenti di spettacolo. Interviene il “nonno d’Italia” Lino Banfi che alla fine invita tutti a gridare “Papa Francisco, abuelo del mundo”!, “Papa Francesco, nonno del mondo!”. Poi canta Renato Zero che saluta il Papa confessando di avere la «tremarella». Quindi arriva Gigi Buffon accompagnato da Angelo Chiorazzo, fondatore della cooperativa Auxilium, che insieme a Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, ha collaborato da vicino con padre Fortunato per la buona riuscita dell’evento. Segue una partitella con i bimbi. Al termine i saluti del ministro per lo sport Andrea Abodi.
Il dialogo continua. «Se io potessi fare un miracolo, quale sceglierei? È facile - sospira Francesco -. Che tutti i bambini abbiano il necessario per vivere, per mangiare, per giocare, per andare a scuola. Questo è il miracolo che a me piacerebbe fare. Il miracolo che tutti i bambini siano felici. Preghiamo il Signore che Lui faccia questo». «C’è tanta gente che non ha lavoro, non ha casa, abita nelle tende - sottolinea il Papa -. Questo è il frutto della malizia, dell’egoismo, della guerra. Se una persona cerca di arrampicarsi sulla testa degli altri e buona o cattiva? C’è tanta cattiveria ed egoismo. Tanti Paesi spendono soldi per comprare armi e distruggere e c’è gente che non ha da mangiare».

Il Papa in dialogo coi bimbi all'Olimpico

Il Papa in dialogo coi bimbi all'Olimpico - Siciliani

Poi con il sorriso confida: «Quando la mia squadra vince mi sento felice». Ma aggiunge che «una volta ha vinto con la mano e questo non è buono». Con un chiaro riferimento al Mondiale 1986 vinto dall’Argentina anche grazie al gol segnato di mano da Maradona nei quarti di finale, contro l’Inghilterra. Al Papa vengono consegnate i disegni e le lettere giunte da tutto il mondo. Padre Ibrahim Faltas porta un dono dai bimbi della Terra Santa. Una ragazza musulmana cieca, alunna di una scuola francescana per non vedenti, intona uno struggente canto di pace. Interviene Impagliazzo («Il nostro cammino continua») che insieme a Carlo Conti fa urlare a tutto lo stadio per cinque volte la parola: «Pace». Al Bano canta i suoi successi, mentre Francesco, da vero “nonno”, continua a parlare e giocare con i bimbi che gli sono vicini. E poi Matteo Garrone con i protagonisti del film Io capitano ringraziano e salutano Francesco.

La prima Giornata mondiale dei bambini è patrocinata dal Dicastero per la cultura e l’educazione. E il cardinale prefetto José Tolentino de Mendonça nel suo saluto confessa di sperare che questo appuntamento «diventi una festa di pace, una grande celebrazione di fraternità, capace di illuminare il mondo di speranza». Di qui il grazie a tutti «per aver accolto l’appello del Santo Padre» e «per aver voluto costruire insieme questo bellissimo sogno universale, al quale nessuno deve restare indifferente». Al termine Francesco ringrazia tutti i presenti e gli organizzatori («che hanno fatto tanto») e impartisce la benedizione. Ma è un arrivederci. Questa mattina in piazza San Pietro c’è la Messa, a cui seguirà l’atteso monologo di Roberto Benigni.



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