lunedì 19 luglio 2021
Francesco: solo il cuore che non si fa rapire dalla fretta, afferma, è capace di compassione per gli altri. L'appello per la pace a Cuba e Sud Africa
Il Papa: non passiamo dalle corse del lavoro a quelle delle ferie

Vatican Media

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Fermare “la corsa frenetica che detta le nostre agende,” imparare “a spegnere il telefonino” per dialogare con il Signore e non lasciarsi prendere da sé stessi e dalle cose da fare ma accorgersi delle ferite degli altri. Parte da questo invito, che guarda anche a come vivere la pausa estiva, la riflessione di Papa Francesco all’Angelus.

È il Vangelo a narrare come Gesù esorti gli Apostoli, tornati dalle fatiche della missione, a riposare un po’. Un insegnamento prezioso, nota Francesco: Gesù non si dilunga in domande ma si preoccupa della loro stanchezza e li mette in guardia da un pericolo che, avverte, “è sempre in agguato anche per noi”, cioè quello di cadere nella frenesia del fare e nella “trappola dell’attivismo”, nell'efficientismo, dove la cosa più importante sono i risultati e il sentirci protagonisti assoluti.

Quante volte accade anche nella Chiesa: siamo indaffarati, corriamo, pensiamo che tutto dipenda da noi e, alla fine, rischiamo di trascurare Gesù e torneremo sempre noi al centro. Per questo Egli invita i suoi a riposare un po’ in disparte, con Lui. Non è solo riposo fisico, è anche riposo del cuore. Perché non basta “staccare la spina”, occorre riposare davvero. E come si fa questo? E per farlo, bisogna ritornare al cuore delle cose: fermarsi, stare in silenzio, pregare, per non passare dalle corse del lavoro alle corse delle ferie.

Gesù non si sottraeva, infatti, ai bisogni della folla ma prima di ogni cosa, ogni giorno, si ritirava in preghiera. La gente però accorre da ogni parte e quindi non può riposare come vorrebbe e, commosso, riprende a insegnare, racconta il brano odierno del Vangelo. “Sembra una contraddizione”, nota Papa Francesco, ma in realtà non lo è perché “solo il cuore che non si fa rapire dalla fretta è capace di commuoversi”. "Lo stile di Dio", rimarca, è "vicinanza, compassione e tenerezza".

La compassione nasce dalla contemplazione. Se impariamo a riposare davvero, diventiamo capaci di compassione vera; se coltiviamo uno sguardo contemplativo, porteremo avanti le nostre attività senza l’atteggiamento rapace di chi vuole possedere e consumare tutto; se restiamo in contatto con il Signore e non anestetizziamo la parte più profonda di noi, le cose da fare non avranno il potere di toglierci il fiato e di divorarci. Abbiamo bisogno - sentite questo - abbiamo bisogno di una “ecologia del cuore”, che si compone di riposo, contemplazione e compassione. Approfittiamo del tempo estivo per questo!

L’invito conclusivo è di rivolgersi a Maria “che ha coltivato il silenzio, la preghiera e la contemplazione” muovendosi infatti, sempre, a tenera compassione per i suoi figli.

Dopo l'Angelus
Dopo la preghiera mariana, il Papa volge il suo sguardo allo scacchiere internazionale rivolgendo, in particolare, un appello per la pace in Sud Africa e a Cuba, dicendosi vicino al “caro popolo cubano” che soffre. Esprime anche vicinanza alle popolazioni di Germania, Belgio e Olanda, colpite da catastrofi e alluvioni.

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