lunedì 21 marzo 2022
Ripetute violazioni del diritto internazionale denunciate da parte ucraina. Le trattative non fanno passi avanti, può pesare la prospettiva di una pace onerosa per Kiev, che dovrà ricostruire il Paese
26° giorno di guerra / La strategia del terrore e il negoziato in stallo
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Un centro commerciale colpito da un missile e ridotto in macerie, sotto le quali sono rimaste otto vittime. L'istantanea che ci consegna il 26° giorno di guerra viene da Kiev e illustra la strategia che la Russia sembra avere adottato per costringere l'Ucraina, se non alla resa in breve tempo, almeno ad accettare le dure condizioni per una tregua prima e una pace poi. Una strategia che si potrebbe definire terroristica, se si considera l'obiettivo: un luogo di shopping (chiuso), e le case circostanti, che di militare non hanno nulla. Mosca ha però ribattuto affermando che nel palazzo centrato erano nascosti armamenti pesanti con i quali vengono da giorni bersagliate le forze che assediano la capitale. Difficile verificare per ora la circostanza specifica.

Non sembra tuttavia possibile negare che le violazioni delle leggi umanitarie internazionali si stiano moltiplicando in tutto il Paese. Mariupol, la città martire, come "Avvenire" tra i primi l'ha definita, sta subendo un'opera di sistematica distruzione, con i 300mila abitanti ancora intrappolati e ogni minuto a rischio di morte. Manca ormai tutto nel centro portuale che permetterebbe al Cremlino di sigillare l'accesso al Mare di Azov e di saldare una striscia di controllo nella parte orientale e meridionale dell'Ucraina. Si combatte casa per casa e la proposta di cedere le armi è stata sdegnosamente rifiutata dai vertici di Kiev.

Episodi di rapimenti, deportazioni, stupri e sottrazioni di minori sono segnalati negli ultimi giorni su vari fronti bellici. E' come se i comandi russi avessero preso atto della difficoltà di sfondare decisamente oltre gli avamposti attualmente occupati e avessero deciso di passare a una guerra "sporca" di logoramento, con la quale fiaccare la fiera resistenza del popolo ucraino. Vi sono segnali di difficoltà anche delle Forze armate di Kiev, dopo quasi un mese di combattimenti ininterrotti. Non è dato sapere quanti rifornimenti riescono ad arrivare dall'esterno e quante siano le perdite reali subite da entrambe le parti. Sul lungo periodo, la superiorità dell'apparato russo dovrebbe però emergere.

Se sul terreno non vi sono svolte imminenti, a meno che Putin decida di impiegare armi non convenzionali o addirittura di distruzione di massa, una tentazione che potrebbe crescere di fronte alle difficoltà belliche, alle tensioni interne - che voci incontrollate danno in aumento - e alle sanzioni economiche internazionali (l'Europa ha cominciato a valutare la possibilità di colpire l'export energetico russo). Il nervosismo del Cremlino si è manifestato anche con le iniziative diplomatiche di risposta alle reiterate accuse a Putin di gravi crimini da parte del presidente Joe Biden e dell'Amministrazione americana. "Le relazioni sono a rischio", si è fatto sapere nel colloquio con l'ambasciatore americano a Mosca convocato per comunicazioni. Washington non è sorpresa della risposta e continua con la linea dura, sebbene non sia evidente quale piano venga perseguito attualmente nella crisi.

Nel frattempo i colloqui fra le delegazioni procedono senza sostanziali passi avanti. L'impressione è che i negoziatori non abbiamo nessuna autonomia per cercare di procedere verso un'intesa che porti al cessate al fuoco. I punti della trattativa sono ormai chiari, ottenendoli tutti Mosca potrebbe presentarsi come vincitrice oggi sul campo e per il futuro in chiave geo-politica. Infatti, oltre alla concessioni territoriali, Kiev dovrebbe rinunciare a gran parte delle sue forze armate e sarebbe obbligata - non lo si deve dimenticare - a concentrare tutte le risorse economiche nella ricostruzione di un Paese che sarà gravemente danneggiato e impoverito anche umanamente dall'esodo dei profughi all'estero. I costi del dopo guerra diventano una variabile importante anche per l'Europa. Riuscirà a rientrare in Ucraina la maggioranza degli sfollati all'estero? O molti, timorosi di non ritrovare le proprie case e il proprio lavoro, preferiranno restare dove hanno trovato accoglienza? Inoltre, una nazione che perde un decimo (o più) della popolazione, in gran parte giovani madri e ragazzi, non potrà che vivere profondi squilibri sociali. E chiederà cospicui aiuti alla comunità internazionale per rimettere in piedi la sua struttura produttiva.

In definitiva, la prospettiva di un accordo che non sancisca una vera sconfitta ma lasci comunque il Paese mutilato e con un futuro prossimo segnato da dolore e miseria complica i negoziati dalla parte di Kiev. E questo, a quasi un mese dall'invasione, sembra tragicamente allontanare le speranze di pace.







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